(liberamente tratto dal libro Partire Leggeri di Eric Ries)
Il social network e i contenitori tupperware sono due esempi di prodotti per i quali sono i clienti a svolgere la parte più grossa del marketing. La conoscenza del prodotto si diffonde rapidamente da una persona all’altra come un virus si trasmette in una epidemia. Ciò è diverso dalla crescita dovuta al semplice passaparola spontaneo, poiché sono i clienti che utilizzano il prodotto a diventare i principali promotori e venditori, la crescita quindi è un effetto collaterale e inevitabile dell’utilizzo del prodotto. Il fatto che la crescita virale possa divenire un motore lo differenzia quindi dal semplice passaparola: non è un fenomeno puramente spontaneo ma è un fenomeno indotto da azioni precise. Prendiamo ad esempio alcuni casi.
Hotmail. L’azienda ebbe successo (fino ad essere acquisita da Microsoft per 400 ML$) quando introdusse in calce ad ogni mail inviata la frase “Ottieni la tua mail gratuita su hotmail”. Un processo indotto da un altro utilizzatore generato da una azione predisposta dall’azienda.
Tupperware. È il classico network marketing fondato sui party e riunioni casalinghe dove la “venditrice di turno” non solo vende prodotti ma offre anche la possibilità, alle acquirenti, di diventare venditrici e guadagnare.
E così via come l’invito ad entrare in determinai social, o gli inviti indotti e condivisi ad utilizzare un determinato prodotto o servizio perché ne “ho ricevuto gran beneficio”.
Come “motore d crescita” il virale si basa su un ciclo di feedback che può essere misurato.
La “misura del contagio” può essere fatta attraverso un ”viral coefficient” (VC), ovvero il numero dei nuovi utenti generati dai vecchi, con i seguenti parametri di benchmark:
- VC molto inferiore a 1, il trend di crescita è breve. Si immagini di avere VC=0.1, ciò significa che 100 utenti ne portano 10, quei 10 ne porteranno 1 e poi l’effetto virale termina;
- VC uguale (o molto vicini) ad 1, il trend di crescita è costante;
- VC maggiore di 1, crescita esponenziale.
L’ideale è che ogni cliente “contagi” almeno 1 nuovo utilizzatore (meglio più di uno, chiaramente) a provare il prodotto/servizio.
Attenzione però, non è così semplice e banale come sembra.
L’efficacia dell’utilizzo del motore virale richiede che il prodotto/servizio superi le attese stesse dei clienti e che il target di riferimento sia perfettamente inquadrato: in caso contrario l’effetto virale termina rapidamente e il numero di clienti tende presto a stagnarsi.
Un altro aspetto da valutare è infine lo scambio di valore necessario.
Per tapperware è chiaro: divento venditore e guadagno
Per hotmail è chiaro: ottengo un account di posta gratuito.
Ma cosa succede quando sto utilizzando un sistema ibrido, ovvero prevedo una parte del servizio “a pagamento” (quindi valore monetario) ed una altra parte in modalità “free”.
Prendiamo ad esempio i social network totalmente free per l’utenza e a pagamento per gli inserzionisti.
E’ evidente che l’efficacia dello strumento per il lato “ a pagamento” dipende dalla diffusione del lato “free”. Di fatto è la vecchia logica della diffusione editoriale, ovvero numero di copie vendute o dello share televisivo.
In questo caso il motore virale da attivare riguarda prioritariamente il lato utente free, perché è attraverso la diffusione del servizio che aumenteranno le potenzialità di contatto per gli inserzionisti.