Carissimi anche quest’anno lavorativo è andato e ci godiamo il nostro meritato riposo.
Ma come potevo lasciarvi senza regalarvi un argomento di riflessione e perchè no, di sfida su alcune cose che da tempo mi frullano per la testa. Meditate con me e buone vacanze.
Ecco su cosa
Ma il metodo LEAN START UP è davvero applicabile al 100% al modello italiano di startup?
Premetto che quello che segue può sembrare a qualcuno quasi un sacrilegio, un oltraggio, una pura provocazione, forse si, ma per quanto mi riguarda é una riflessione che vorrei condividere con voi.
Siamo troppo filo americani?
Quando nelle nostre Università esordirono i testi di P. Kotler e M.E. Porter su Marketing Management e Vantaggio competitivo, (si badi bene con qualche decennio di ritardo rispetto alle prime pubblicazioni) ai più, soprattutto negli ambienti universitari e facoltà economiche (più e meno prestigiosi), sembrò di aver ricevuto in dono, il famoso uovo di Colombo. La bibbia del nuovo management che avrebbe fatto decollare il nostro sistema o meglio ecosistema (è di moda) produttivo, verso lo spazio della competizione ad armi pari.
E allora, giù di adozioni dei citati testi, in corsi di studio e di laurea. Giù con slide sulle 4, 6 e più “P” del Marketing Mix, della matrice del vantaggio Competitivo, Catena del Valore, matrici di Ansoff, General Eletrics e via così.
Tutti strumenti illuminanti, portentosi. Una vera manna dal cielo per creare una folta schiera di manager pronti ad entrare nelle imprese italiane a farle crescere in maniera esponenziale.
Ma il tutto aveva un difetto di base. Era basato (anche su esempi e dimensioni) sulla cultura d’impresa statunitense e quindi su grandi imprese e multinazionali. I nostri cari neolaureati al momento della reale applicazione dei modelli hanno dovuto fare i conti con questioni scarsità di dati e informazioni, di un CRM insomma, si sono confrontati con modelli di impresa fondati su gerarchie poco manageriali, oltre che con budget a disposizione spesso scarsi e, in ultimo e fondamentale, hanno dovuto fare i conti con la dimensione delle imprese italiane, che conoscete benissimo, e che per anni ha funzionato, prima che ci dicessero che “grande é bello“, “grande é la soluzione a tutti i mali“, il modello d’impresa è quello USA, oggi si direbbe, “scalabile”. Il risultato quindi della applicazione alla lettera, nelle nostre micro, piccole o al massimo medie imprese, dei contenuti manualistici risultava scarso o deludente, in alcuni casi addirittura improduttivo, senza tener conto delle differenze culturali, delle tradizioni della storia, della lingua, e delle dimensioni del mercato, in un concetto del contesto competitivo
Ora tocca a Eric Ries?
Prima l’adozione a piene mani e totalmente fiduciaria della tecnica del “business model” adesso quella del “Lean Startup“. Premetto che ho letto, anzi studiato, con molta cura, approfondimento ed attenzione, entrambi i testi e li trovo illuminanti, eccezionali, in una parola importanti. Anche in questo caso però ho cercato fino in fondo ed atteso con fiducia un esempio tutto italiano, un modello di microimpresa, non per forza startup che ha scalato grazie all’applicazione dei modelli. Niente.
Dopodichè ho cominciato a fare ricerche su blog, sulle pagine di incubatori, acceleratori, ecc., per comprendere quanto si stesse ripetendo il fenomeno “Kotler-Porter“. Risposta: “a macchia d’olio”.
Anche su questo blog (per non farci mancar nulla) ne abbiamo scritto con entusiasmo, ed a ragione, perchè, ripeto che si tratta di innovazioni importanti nei metodi di early management di una startup o micro e piccola impresa che voglia crescere.
Quindi, una sola riflessione?
Ho paura che tutta questa adozione fiduciaria e “dogmatica” non faccia così bene alle nostre startup. Non che pensare americano sia un male, ma possibile che non vi sia un altra via, un modello italiano di sviluppo e crescita diverso (perchè siamo enormemente diversi) dai modelli Silicon Valley?
Pensiamoci insieme, anche guardando i dati sconfortanti descritti in questo link
Nicola Vernaglione