Di cosa si parla
Work for equity. Eccoci finalmente a poter dare l’annuncio che da tanto tempo attendevamo. Avevamo preannunciato da tempo la presentazione di una istanza/interpello per chiarire, o meglio, ratificare, ciò che già credevamo possibile da una lettura di tutta la normativa prodotta sul tema: la prestazione occasionale è compatibile con il work for equity.
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Work for equity. Il tema della prestazione occasionale
A suo tempo avevamo già affermato che l’analisi letterale di tutti i testi delle norme in tema di work for equity ci portavano in un’unica direzione: i crediti compensabili attraverso il WFE sono quelli maturati a seguito di prestazione di opere e servizi, ivi inclusi quelli professionali e una prestazione professionale può essere sia abituale (con la partita iva) sia occasionale (come quella del professore).
Ci siamo quindi lasciati guidare dalla ratio legis ovvero quello che il legislatore intende perseguire attraverso l’emanazione di una norma. La relazione illustrativa al Decreto-legge chiarisce che il fine di questa disposizione è quello di garantire alle “start-up innovative l’accesso a servizi di consulenza altamente qualificati, ivi compresi quelli professionali”, codificando anche un regime di esenzione fiscale.
Non viene specificato quindi se si tratta di prestazioni abituali o occasionali, come invece viene fatto per i piani di incentivazione, anche perché a ben vedere la circostanza sarebbe dal punto di vista strettamente giuridico del tutto irrilevante.
Work for equity. Il campo fiscale
Ma qui, per via dell’esenzione, entra in gioco anche il campo fiscale e quindi occorre anche considerare la posizione dell’Agenzia delle Entrate, che però si è espressa in merito ai piani di incentivazione (trattati dal comma 1 dell’articolo 27 del Dl 179/2012) sostenendo correttamente che “il regime incentivante non è applicabile ai collaboratori meramente occasionali, il cui reddito rientra nell’ambito dei redditi diversi di cui all’articolo 67, comma 1, lett. l), del TUIR” (circolare 16-E del 2014).
Nulla viene detto in merito all’abitualità delle prestazioni professionali di lavoro autonomo (trattati dal comma 4 dell’articolo 27).
Anzi, proprio il fatto che la Relazione Illustrativa al DL 179/2012 esclude le prestazioni occasionali dai piani di incentivazione, lascerebbe presumere che il Legislatore non abbia voluto fare altrettanto per il work for equity.
Work for equity. Il nostro parere validato dalla Agenzia delle Entrate
Il ragionamento ci è sempre sembrato corretto, ma non ce la siamo mai sentiti di proporlo alle startup e PMI assistite. Essendoci di mezzo aspetti importanti come quello fiscale e un aumento di capitale, aspettavamo che ci capitasse il caso “del professore” in quanto maggiormente esemplificativo, per poter chiedere un parere all’Agenzia delle Entrate.
E finalmente il caso è arrivato. Si tratta di una startup innovativa, spinoff accademico, di cui per motivi di privacy non possiamo fare il nome, che vede tra i soci alcuni professori universitari. In particolare, uno di questi è anche amministratore della società e intende effettuare una prestazione di lavoro autonomo occasionale a favore della startup, utilizzando il WFE.
La modalità tecnica per chiedere un parere all’Agenzia delle Entrate si chiama “Interpello” ed è uno strumento attraverso il quale, in presenza di dubbi interpretativi di una norma, il contribuente deve rappresentare il caso concreto e proporre la sua interpretazione alla norma.
Abbiamo quindi esposto il caso, che sostanzialmente non si discosta molto, dai ragionamenti fatti nei nostri articoli e proposto la nostra soluzione interpretativa.
L’idea di base – in estrema sintesi – è questa: un conto sono i piani di incentivazione rivolti ai dipendenti (reddito di lavoro dipendente) e ai collaboratori (reddito assimilato al lavoro dipendente) fra cui ricade anche il reddito dell’amministratore. Un conto sono i piani di WFE rivolti ai lavoratori autonomi.
L’Agenzia, nella circolare 16/E aveva escluso, come detto, l’applicabilità dei piani di incentivazione e al relativo regime incentivante alle prestazioni occasionali in quanto inquadrabili come “redditi diversi” e non come redditi di lavoro dipendente o assimilati, ma nulla diceva rispetto alle prestazioni occasionali e al WFE.
La nostra istanza ha preso le mosse proprio da questo assunto: il lavoro autonomo è sia quello con la partita iva sia quello occasionale. La distinzione sta nell’abitualità e nella prevalenza. E quindi è possibile applicare il WFE anche nel caso di lavoro autonomo occasionale.
E l’Agenzia ha accolto il nostro ragionamento e la nostra conclusione:
“rientrano nel campo di applicazione del comma 4 dell’art. 27 [ndr Work for Equity] anche le prestazioni professionali rese dagli amministratori della start up innovativa. “il cui reddito sia da qualificare come di lavoro autonomo”, la scrivente ritiene che laddove le due tipologie di prestazioni (ossia quelle rese come membro del consiglio di amministrazione e quelle rese come prestatore di servizi) risultino concretamente e preventivamente distinte e definite, e che quindi il credito vantato dal professore universitario sia effettivamente connesso alle prestazioni di opere e servizi rese nei confronti della società, risulterà applicabile il trattamento di non imponibilità di cui al richiamato articolo 27, comma 4, del D.L. n. 179 del 2012”.
Ha poi utilmente precisato l’opportunità, “di differenziare l’eventuale remunerazione derivante dalle cariche ricoperte all’interno della società da parte di tale soggetto rispetto alla remunerazione riferita alle citate prestazioni professionali”.