Di cosa si parla
Work for Equity. Eccoci con il secondo approfondimento delle Speciale dedicato al Work for Equity.
Ci siamo lasciati la scorsa settimana rispondendo alla domanda se per realizzare un piano di Work for Equity serva o meno un piano, passando da opportuni e necessari approfondimenti in merito alle sostanziali differenze tra Work for Equity e Piani di Incentivazione.
In questo contributo, analizzeremo alcuni aspetti di natura molto pratica e con impatti economici e finanziari molto importanti quale diretta conseguenza della applicazione del Work for Equity, soprattutto quando e se applicato ai fondatori o al core team della startup innovativa.
Con il “Caffè” di oggi e il contributo di Nicola Vernaglione parliamo appunto del triangolo del valore del Work for Equity.
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Work for Equity. Quale Valore?
Il Work for Equity rappresenta una delle opportunità più interessanti offerta dal set normativo a beneficio delle startup. Ne abbiamo parlato già molte volte. L’idea è quella di consentire a chi effettua una prestazione nei confronti della società di essere remunerato attraverso la possibilità di partecipare al capitale sociale. Fin qui tutto chiaro: il Work for Equity lo applico per acquisire risorse qualificate esterne per sviluppare il business della startup.
Ma cosa accade al valore generato e non retribuito dei soci fondatori che spesso inizia molto prima della costituzione della startup?
Su come “recuperare” il lavoro pregresso (ovvero prima della costituzione) ne abbiamo già parlato e discusso in articoli e webinar con la possibilità di adottare diverse soluzioni. Dalla più onerosa (perizia di apporto), alla meno impattante (gestione dei versamenti iniziali in sovraprezzo proporzionalmente alla contribuzione allo sviluppo) alle vie intermedie (cessione progressiva degli asset sviluppati con apposito contratto di licencing).
E’ invece interessante ed opportuno sottolineare la necessità di non disperdere l’ulteriore valore generato dalle attività di sviluppo che i fondatori continuano a prestare spesso “gratuitamente” verso la startup e di come questo valore possa essere assunto nel bilancio della società e quindi nel suo valore di mercato. (valutazione premoney).
Work for Equity. Il valore incrementale del Capitale Netto
Si parla sempre più spesso di valutazioni “gonfiate” delle startup e questo lo si fa soprattutto in relazione alla mancanza di adeguati valori riscontrabili in bilancio. Eccoci quindi al primo vertice del nostro triangolo del valore: quello contabile e incrementale generato dal Work for Equity applicato ai soci fondatori.
Facciamolo con un esempio pratico.
Supponiamo che nella startup vi lavorino tutti i giorni e a tempo pieno (quindi diciamo 8 ore al giorno per i classici 6 giorni lavorativi), tre soci fondatori impegnati nelle attività di sviluppo.
Supponiamo che in base a tariffe medie di lavoro autonomo professionale, in base alle attività specialistiche e in base ai CV, il costo orario netto sia di 45 euro (quello che si dovrebbe pagare al minimo per avere una identica attività svolta da un professionista esterno).
Basandoci sui classici 220 giorni lavorativi effettivi avremmo per ognuno dei tre il seguente valore:
45 X 8 X 220 = 79.200 euro
Che moltiplicato per 3 sarebbero 237.000 euro
Cosa succede a questo valore (contabile) se non applico il Work fo Equity?
La risposta è molto semplice: se non lo contabilizzo, non esiste, quindi ho disperso valore per oltre 230.000 euro.
Ma cosa significa contabilizzare il valore e quali sono gli effetti?
Il Work for Equity, come già sappiamo si conclude con la conversione del valore della prestazione in controvalore di partecipazione, quindi al netto delle possibili assegnazioni in equity pura (Capitale Sociale) e sovrapprezzo, finiscono tutte in una importante voce del Bilancio o meglio dello Stato patrimoniale: Il Capitale Netto.
Una voce molto importante proprio perché rappresenta la solidità dell’impresa e quindi l’affidabilità soprattutto verso gli stakeholder finanziari (ad esempio le banche) ed è per questo che viene considerato anche (ad esempio) negli indici di affidabilità dell’impresa.
Work for Equity. Il valore incrementale di mercato
Ed eccoci al punto delle valutazioni basate su valori certi.
Detto del Capitale Netto ora consideriamo il secondo vertice del Triangolo: il valore di mercato.
In piena logica di applicazione del Work for Equity (applicato a prestazioni qualificate correlate al concetto di sviluppo) le attività svolte dai suddetti soci devono (dovrebbero) generare un valore incrementale del business: in relazione allo sviluppo di nuovi prodotti o servizi; allo sviluppo del mercato; delle partnership; allo sviluppo tecnologico; allo sviluppo di privative; ecc.
Cosa sono questi se non asset intangibili? Cosa sono se non quei famosi “costi di ricerca e sviluppo” (requisito startup)? Cosa sono se non sviluppo competitivo e precompetitivo?
Eccoci al punto. Sono asset appunto, che potranno ottenere una valorizzazione nell’attivo patrimoniale della società e quindi dimostrabili anche come asset che contribuiscono al valore premoney (e non solo) della startup.
Work for Equity. Il valore verso i soci fondatori
E siamo al terzo (e importantissimo) vertice del nostro triangolo del valore. Quello generato verso i soci fondatori. Qui sostanzialmente parliamo di due fonti di valore:
– quello in termini di maggiore partecipazione
– quello in termini di detrazioni per investimenti in startup.
Riguardo al primo aspetto e tornando al nostro esempio, l’applicazione del Work for Equity ai soci fondatori (che continuano a prestare le proprie attività di sviluppo “gratuitamente”) si dimostra con il più opportuno e democratico strumento di assegnazione di valore. Opportuno perché altrimenti quel valore andrebbe disperso a danno sia degli stessi fondatori che degli altri soci che non partecipano allo sviluppo (e che quindi dovrebbero incentivare il Work for Equity e non osteggiarlo). Democratico perché l’assegnazione di equity incrementale è proporzionale al lavoro prestato e quindi al valore generato nei confronti della società e di tutti gli altri soci.
Riguardo al secondo aspetto torneremo su quanto già detto (e che approfondiremo in un prossimo articolo) rispetto alla procedura più idonea (e nostra best practice) per chiudere i conferimenti in Work for Equity applicando la compensazione del credito.
Come detto o come sarà approfondito, detta procedura permette di assimilare l’apporto in compensazione come apporto in denaro, e in quanto tale, destinatario delle agevolazioni previste per “chi investe nel capitale di startup innovative”.
Quindi tornando all’esempio precedente.
Ognuno dei tre soci effettua prestazioni per euro 79.200 euro.
Volendo limitare il vantaggio della detrazione fiscale alla aliquota ordinaria (30%) ogni socio otterrebbe una agevolazione di euro 23.760 che moltiplicato per 3 riporta ad un valore complessivo di euro 71.280.
Interessante vero?
Soprattutto se in relazione ai profili fiscali specifici dei soci tale vantaggio può trasformarsi quasi immediatamente in liquidità ad esempio come credito d’imposta.
Work for Equity. Opportunità e costo
E adesso veniamo alla domanda che, come diceva un noto giornalista televisivo “sorge spontanea” e che sicuramente vi starete ponendo dall’inizio dell’approfondimento.
Tutto fantastico e perfetto, ma avrà pure un costo realizzare il Work for Equity?
Ovvio direi, anche perché è una procedura ricca di implicazioni giuridiche, contabili e fiscali, ed il rischio del “fai da te “ o del “me lo fa mio cuggino” oltre a far perdere tutti i vantaggi qui descritti può generare danni e sanzioni per tutte le parti in causa.
Non vi diremo del costo, soprattutto di quello degli altri (se volete assecondare la curiosità contattateci pure).
Ma facciamo un ragionamento di costo opportunità.
Sull’esempio dei tre soci fondatori al momento abbiamo generato i seguenti valori
– uno incrementale di Capitale netto di 237.000 euro
– un pari valore minimo “premoney” (al netto di effetti moltiplicatori)
– un valore di benefici fiscali per i tre soci di 71.280 euro.
Lascio a voi i conteggi, ma soprattutto la domanda finale.
Quanto sareste disposti a spendere per ottenere questi vantaggi tangibili ed effettivi?
Per oggi ci fermiamo qui. La prossima settimana proseguiremo il nostro speciale trattando l’argomento del “work for equity tra società madre e figlia“