Work for Equity. Eccoci con il terzo approfondimento dello Speciale dedicato al Work for Equity.
Ci siamo lasciati la scorsa settimana con la rappresentazione pratica dei benefici generati da un piano di Work for Equity illustrando, in un’ottica “benefit” gli outcome di valore generabili.
In questo contributo, analizzeremo alcuni aspetti riguardanti, la possibilità, nell’ambito del work for equity, di assegnare quote di società diverse dalla startup, nel caso in cui questa sia parte di un gruppo societario.
Con il “Caffè” di oggi e il contributo di Nicola Tracanella parliamo appunto di Work for Equity e Società Madre e Figlia
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Work for Equity. Assegnare quote “esterne”
La questione deve essere analizzata a partire dal dettato normativo.
Nell’ambito dei piani di incentivazione (che, ricordiamo, sono riservati a amministratori, dipendenti o collaboratori continuativi, si veda il nostro precedente articolo) il comma 2 del’ articolo 27 della Legge 179/2012 recita:
“L’esenzione di cui al comma 1 (quella dei piani di incentivazione, ndr) si applica esclusivamente con riferimento all’attribuzione di azioni, quote, strumenti finanziari partecipativi o diritti emessi dalla start-up innovativa e dall’incubatore certificato coni quali i soggetti suddetti intrattengono il proprio rapporto di lavoro, nonchè di quelli emessi da società direttamente controllate da una start-up innovativa o da un incubatore certificato”.
E’ quindi espressamente previsto che le quote assegnate possano essere anche di società controllate dalla startup; il che esclude, peraltro, che possano essere assegnate quote della controllante o di altre società del gruppo.
Per completezza, ricordiamo che i piani di incentivazione sono previsti in via ordinaria anche per le imprese non startup, dall’articolo 51, comma 2, lettera g), del TUIR, sia pur con minori agevolazioni fiscali. Per le differenze tra i due regimi si veda la circolare 16E del 2014 dell’Agenzia Entrate, a pagina 31.
Work for Equity. Chiaro e semplice
Nell’ambito del work for equity, regolato dal comma 4 dello stesso articolo 27 (che riportiamo testualmente), non è stata introdotta una analoga disposizione:
“Le azioni, le quote e gli strumenti finanziari partecipativi emessi a fronte dell’apporto di opere e servizi resi in favore di start-up innovative o di incubatori certificati, ovvero di crediti maturati a seguito della prestazione di opere e servizi, ivi inclusi quelli professionali, resi nei confronti degli stessi, non concorrono alla formazione del reddito complessivo del soggetto che effettua l’apporto, anche in deroga all’articolo 9 del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, al momento della loro emissione o al momento in cui è operata la compensazione che tiene luogo del pagamento”.
A nostro avviso non è possibile immaginare una dimenticanza del Legislatore, ne si può sostenere che i due istituti giuridici siano tanto assimilabili da far discendere per analogia, a partire dal comma 2, una simile disposizione anche per il comma 4.
Pertanto:
- nell’ambito dei piani di incentivazioni, possono essere assegnate quote della startup e quote di società da questa controllate;
- nell’ambito del work for equity, possono essere assegnate solamente quote della startup
Per oggi ci fermiamo qui. La prossima settimana proseguiremo il nostro speciale trattando l’argomento del “work for equity e apporti“