Ancora una volta ci ritroviamo a parlare di business plan e ancora una volta mi tocca affrontare l’argomento con le necessarie e doverose puntualizzazioni, e con notevole disappunto per quanto mi capita di leggere o semplicemente ascoltare.
IL BUSINESS PLAN E’ SOLO UNO
Non esiste un concetto declinabile o elastico di business plan. Non esistono documenti o elaborati che possano definirsi tali se non ne hanno i contenuti idonei.
La finalità del Business Plan, deve essere quella di formalizzare lo sviluppo di un progetto d’impresa e valutarne la fattibilità ed opportunità in termini economico–finanziari. Sebbene la struttura del Business Plan non sia codificata e rigida nella definizione puntuale, esso, per definirsi tale, e quindi un piano d’impresa deve sempre prevedere una parte qualitativa, (assunti) ed una parte quantitativa (previsioni sulla base degli assunti). In quest’ultima, vanno elaborati i bilanci previsionali riferiti agli esercizi oggetto di programmazione ed integrati da piani finanziari e prospetti di cash flow analitici (meglio se mensili). Quindi, nel piano figureranno obbligatoriamente: – tanti conti economici di previsione quanti sono i periodi di proiezione del piano; – tanti stati patrimoniali di previsione quanti sono i periodi di proiezione del piano; – tanti prospetti dei flussi finanziari di previsione quanti sono i periodi di proiezione del piano; – una descrizione analitica degli scenari sottostanti il piano ed un’analisi degli scenari alternativi; – il calcolo del rendimento complessivo del piano espresso in termini di Tasso Interno di Rendimento (TIR) e del relativo rischio di esposizione economica e finanziaria.
In merito alla parte qualitativa va precisato che oltre a dover definire il modello di business, vanno definiti aspetti quali: la descrizione dei prodotti o dei servizi, (soprattutto in termini di contenuti differenzianti); la descrizione dei processi; la descrizione organizzativa; l’analisi del mercato e l’analisi competitiva; le strategie; i piani operativi.
E’ evidente che senza una parte qualitativa non può esistere e non può sussistere una parte quantitativa, ovvero il business plan non è solo quello relativo alle proiezioni numeriche ma è nell’insieme il piano d’impresa. Le assunzioni qualitative servono proprio a definire le proiezioni numeriche, in un fil-rouge di coerenza costante e circolare.
Quindi non può definirsi business plan
- L’elaborazione del solo business model
- L’elaborazione delle sole analisi qualitative
- L’elaborazione delle sole proiezioni numeriche
BUSINESS PLAN ATTENDIBILI E ALTRI
Giusto per avere un riferimento, e richiamando quanto detto in precedenza, e pur non esistendo uno schema rigido dei contenuti va precisato che il Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti ha prodotto “LE LINEE GUIDA ALLA REDAZIONE DEL BUSINESS PLAN” indicando i contenuti minimi e un indice di sviluppo del documento. Ora è evidente che la redazione del business plan non è una attribuzione esclusiva dei Dottori Commercialisti quanto piuttosto una competenza specifica. E’ però altrettanto evedidente che si tratta di un documento elaborato dal massimo organismo di una categoria professionale che più di ogni altra (per competenze e per studi) è vicina alle tematiche ed al mondo dell’imprenditorialità ed al quale andrebbe senz’altro attribuito un valore di guida per tutti coloro che redigono, leggono o utilizzano un business plan.
Quanto accade nella realtà molto diverso. Questo “oggetto misterioso” (il business plan) gode di ben poca tutela, risultando vittima di un mercato (mercatino) all’interno del quale si muovo player più o meno preparati e più o meno esperienziati con il risultato di creare confusione, concorrenza sleale e svalutazione.
QUAL’E’ IL BUSINESS PLAN VALIDO?
La risposta più logica e semplice è: ”quello redatto da chi ne abbia le piene competenze”. Una logica semplicità che però non risulta così se a dover valutare la professionalità è chi lo richiede (il committente) che non sempre possiede le appropriate conoscenze per pesare le competenze del professionista (quando di tale si tratta!) o dell’organizzazione (quando di tale si tratta!) affidandosi spesso al prezzo più basso o all’offerta più “accattivante”.
Certo (sempre nelle linee guida citate) esisterebbe un modo per ottenere un minimo di regolamentazione: chiedere al professionista che ha redatto il business plan di produrre dichiarazione con valore di asseverazione in merito ai principi di redazione utilizzati alle finalità ed alle linee guida utilizzate ed al codice deontologico professionale di riferimento.
QUELLE PROIEZIONI CHE TENDONO ALL’INFINITO
Una volta un mio mentore mi disse “il bello del business plan è che ti permette di prendere decisioni rischiose con maggiore coscienza. Il brutto del business plan è che fa la ruggine prestissimo”.
E’ una affermazione che ha quasi 30 anni, quando l’economia non era globalizzata e veloce come lo è ora, e quindi più che valida se adattata ai tempi attuali.
E’ una affermazione da scolpire bene nella mente quando si elabora un business plan in termini di proiezioni temporali che mai, dico mai, dovrebbero superare i tre anni (che sono già tanti).
Elaborare o richiedere proiezioni a 5 anni è assolutamente inutile oltre che sterile, soprattutto se si assumono tali proiezioni per definire un valore del business o dell’impresa stessa (in termini di attrazione o proposta a investitori) che di conseguenza risulterebbe assolutamente falsato.