Recentemente, nei social dedicati all’ecosistema startup, si è assistito ad un preoccupato dibattito in merito alla recente revisione della disciplina della Crisi di Impresa ed alla asserita sostanziale abrogazione della responsabilità limitata da parte dei soci delle società di capitale (srl e spa). Con questo approfondimento, suddiviso in due parti, cerchiamo di contribuire a dare maggiore chiarezza all’argomento sollevando alcune lecite preoccupazioni.
Il tema della responsabilità
Uno degli argomenti più dibattuti e oggetto di critiche, preoccupazioni e lamentele ha riguardato il tema del presunto inasprimento delle responsabilità in capo ai soci ed agli amministratori. Va subito precisato che la responsabilità illimitata dei soci di srl non è una novità assoluta del nostro sistema codicistico e, soprattutto, della giurisprudenza formatasi nel tempo. In effetti pur valendo in assoluto il principio di partecipazione spersonalizzata e “capitalistica” che limita la responsabilità al conferimento, da un lato, esisteva (ed esiste), dall’altro lato, un principio di responsabilità ampliata in capo a tutti i soci che, pur non essendo amministratori, intervengono nella gestione della società (soprattutto per previsione statutaria), integrando in tal modo la figura dell’amministratore di fatto. Naturalmente, non si nasconde che nella stragrande maggioranza delle PMI italiane, e dunque delle startup, la figura dell’amministratore coincide con quella di uno dei soci, ma occorre aver ben presente che la responsabilità introdotta (o meglio, rafforzata) dalla recente normativa sulla crisi di impresa attiene alla figura dell’amministratore, e non a quella del socio in quanto tale.
La nuova responsabilità degli amministratori di srl
Occorre allora chiedersi in cosa consista la responsabilità degli amministratori. Con una risposta volutamente sintetica, si può dire che consiste nell’obbligo di conservare il patrimonio sociale (in breve ed esaustiva sintesi, a preservare soprattutto il Capitale Sociale) ai sensi dell’articolo 2394cc, riscontrando nell’ambito delle stesse previsioni del codice civile che vi debba essere “fondato sospetto che gli amministratori, in violazione dei loro doveri, abbiano compiuto gravi irregolarità nella gestione che possono arrecare danno alla società”
E’ importante subito ricordare che per entrambi i tipi di società (spa ed srl) l’azione di responsabilità nei confronti degli amministratori può essere proposta dai soci e dai terzi direttamente danneggiati,(contro gli amministratori che abbiano agito in violazione dei loro doveri, abbiano compiuto gravi irregolarità nella gestione che possono arrecare danno alla società) e dai creditori sociali, anche per le Srl (in seguito alla Riforma del Diritto Societario).
La vera portata del Codice della Crisi
Di fatto, la portata del Codice della Crisi (Legge delega numero 155 del 2017) ha fondamentalmente riguardato, la presa d’atto della lunga diatriba dottrinale e interpretativa riguardo all’estensione delle responsabilità degli amministratori di SPA a quelli delle SRL . I dubbi sono stati spazzati ove con l’articolo 14 (della Legge 155 2017) al primo comma lett. a) estende l’applicabilità della disposizione anche alle società a responsabilità limitata.
La conclusione che se ne ricava è dunque che tanto gli amministratori delle spa quanto quelli delle srl sono oggi, come in passato (con un intervallo tra il 2003 ed il 2017, nel quale il vuoto normativo è stato colmato dalla giurisprudenza prevalente), responsabili per la conservazione del patrimonio sociale nei confronti dei creditori, così come lo sono nei confronti della società e dei soci, e che tale responsabilità che si presume “illimitata”, non può effettivamente configurarsi al pari di un imprenditore individuale o socio di società di persone laddove essa debba essere dimostrata davanti ad un organo giudicante che rilevi l’effettiva violazione dei doveri o il compimento “sciagurato” e più o meno volontario di azioni in danno della società.
Quale sarebbe quindi la reale portata della Riforma della Crisi di Impresa, di cui tanto si è parlato negli ultimi tempi e che tante preoccupazioni ha suscitato e in che termini impatta sul concetto soprattutto di doveri di amministrazione?
La novità consiste nell’aver previsto all’art. 2086 che l’organo amministrativo deve dotare la società di una adeguato assetto organizzativo, amministrativo e contabile idoneo a far emergere per tempo i segnali di una prossima crisi aziendale: “L’imprenditore, che operi in forma societaria o collettiva, ha il dovere di istituire un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato alla natura e alle dimensioni dell’impresa, anche in funzione della rilevazione tempestiva della crisi d’impresa e della perdita della continuità aziendale, nonché di attivarsi senza indugio per l’adozione e l’attuazione di uno degli strumenti previsti dall’ordinamento per il superamento della crisi e il recupero della continuità aziendale”.
Cosa significa in pratica
Ciò significa che tra i nuovi doveri da non violare (che farebbero scattare la responsabilità) vi è quello ad esempio di instaurare un non meglio definito sistema di controllo interno (organigramma? funzionigramma? controllo di gestione? controllo di tesoreria? ecc.) con ruoli ben definiti assegnati a personale competente (?). Come è evidente i margini interpretativi sono molto, molto larghi, soprattutto per chi deve giudicare le responsabilità. Infatti è evidente che in una realtà di medio grandi dimensioni e ad esempio operante in un settore “tradizionale” si presume la presenza di funzioni bene delineate, assegnazione di centri di responsabilità, procedure di selezione, sistemi contabili di controllo e budgeting più o meno evoluti, ma come si risolve in caso di società di piccole dimensioni, o in fase di startup o early stage e operanti in settori atipici, ove le mansioni e funzioni sono interdisciplinari?
E che dire della valutazione delle competenze? Certo posso avere delle procedure di selezione molto valide, ma come faccio a valutare un collaboratore se prima non lo vedo all’opera? E soprattutto, se valuto un collaboratore non competente in applicazione del Codice della Crisi d’Impresa, per non incorrere in responsabilità, posso applicare il licenziamento per giustificato motivo? E via dicendo su questo tenore….
Novità?
Ma è veramente una novità? Si può sostenere che questo obbligo non esisteva già in precedenza?
Diciamo subito che era già previsto per le spa e che la valutazione dell’assetto organizzativo, amministrativo e contabile costituisce un preciso obbligo per il collegio sindacale, sia di una spa sia di una srl ( laddove sussitano le prerogative dimensionali).
Ma anche per le realtà più piccole non siamo di fronte ad una novità assoluta, o una rivoluzione gestionale bensì alla formalizzazione di un normale obbligo o meglio compito da parte dell’amministratore di governare con professionalità e diligenza qualunque società, in esecuzione del mandato conferitogli.
Rispetto al concetto di assetto organizzativo adeguato si deve quindi affermare che esso debba naturalmente essere adeguato alla dimensione dell’impresa ed alla sua attività. Questa conclusione è suffragata anche dal Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti, che nel delineare le procedure di revisione dedicate alle c.d micro imprese, mette in secondo piano l’assetto organizzativo, amministrativo e contabile in quanto si prende atto del fatto che nella maggior parte di queste società l’assetto organizzativo esiste nell’azienda senza alcuna formalizzazione; si può dire che esso è “nella testa” dell’imprenditore e dei suoi collaboratori.
A maggior ragione questo avviene per le startup, per svariati motivi: ad esempio, l’adeguatezza del team è uno dei cardini del successo di qualunque startup; quindi in ogni startup, oggi come ieri, è necessario avere le persone giuste, con le giuste competenze, al posto giusto. Inoltre, gli adempimenti contabili, amministrativi e fiscali vengono usualmente affidati a professionisti esterni, che offrono anche competenze di tipo gestionale e manageriale.
(segue)