Le modifiche allo Startup Act
In quanto attori attivi dell’ecosistema non potevamo astenerci dal commentare la notizia che sta animando, e non poco, il mondo (sistema?) delle startup innovative.
In sostanza ed estrema sintesi, nel decreto vengono introdotti nuovi parametri per le startup innovative in grado di individuare e premiare le imprese con le maggiori potenzialità, ovvero le micro, piccole e medie imprese che, entro 2 anni dall’iscrizione nell’apposito registro speciale, hanno un capitale sociale di 20mila euro e almeno un dipendente.
Il nostro commento
Ora, premettiamo che non vogliamo entrare nella polemica ma solo commentare oggettivamente la notizia.
I nuovi parametri sono (realmente) penalizzanti?
A nostro parere, assolutamente no. Sempre che si “interpreti” la startup come un’impresa e non “come il gioco del monopoli” dove i soldi sono finti o sono addirittura “degli altri”.
Ci siamo espressi più volte su questi concetti e non ci torneremo, ma vale la pena ricordare che il nostro punto di vista è molto chiaro: fare startup significa fare impresa ed essere imprenditori con tutte le ansie, i rischi ed il fabbisogno di capitale necessario. I primi a dimostrare di crederci (e quindi metterci i soldi magari già nel capitale iniziale) devono essere gli imprenditori.
Chi, con la scusa, della “validazione” del “MVP” o altro vuole affermare il contrario a nostro parere non ha ben chiaro il basilare concetto di “rischio d’impresa”.
Fuori dal mondo delle startup innovative, gli imprenditori rischiano con il proprio capitale e con quello di debito (rilasciando fidejussioni personali) ed il loro MVP si chiama esperienza e conoscenza del settore.
La startup è pur sempre un’impresa
Certo, chi fa un’impresa innovativa, spesso lancia un prodotto o servizio, che “ha bisogno di essere compreso dal mercato” ma questo è parte del gioco; dei costi; degli investimenti, ed occorre comprenderlo altrimenti torniamo “al gioco del monopoli” ed al fatto che chi fa una startup innovativa “si assume meno rischi” di un “normale” imprenditore.
I limiti imposti dal Decreto
Venendo poi al dunque “dei paletti del capitale sociale e del dipendente” sempre oggettivamente commentiamo laconicamente: “e che problema c’è?”.
Giusto per fare un esempio concreto, tutte le startup da noi seguite avrebbero (quelle che hanno superato i due anni) o hanno, i requisiti richiesti.
Perché?
Ovvio perché sono fondate e gestite (e accompagnate) su sani principi di gestione d’impresa, prima che di gestione di startup.
Conclusione
In tema generale di commento al DDL, concordiamo che si poteva fare di più e meglio.
Su questo attendiamo fiduciosi.
Un nostro ultimo parere
Un nostro ultimo parere però vogliamo esprimerlo.
Il messaggio passato negli ultimi anni, sempre a proposito del “gioco del monopoli” ha creato una pericolosa “subcultura” del “tutto dovuto”, “tutto gratis”, che ha coinvolto anche molti fornitori di servizi “iniziali” come ad esempio la “costituzione e l’assistenza fiscale”. La logica di rispondere al “problema principale degli startupper” (non hai soldi) deprezzando e dequalificando servizi di notevole importanza anche strategica, non fa bene a nessuno, anche a chi ha iniziato questo gioco al massacro o a chi decide di rispondere con ulteriori ribassi.
Forse il tentativo di ritornare a sani principi d’impresa non farà male a nessuno.
Ci saranno meno startup? Sicuramente. Altrettanto certamente quelle che si fonderanno avranno un futuro meno incerto.