Focus. La due diligence finanziaria in breve. Eccoci qui con una delle novità del 2020. La rubrica focus che accanto e quella delle Q&A e dei Pareri, intende fornire un supporto completo agli “startupper” alle prese con la gestione della propria società. Oggi parliamo di due diligence e in particolare di due diligence finanziaria, ovvero quella che si occupa dell’analisi del bilancio dell’impresa in occasione di operazioni straordinarie. Oggi trattiamo di un primo set di argomenti che compongono la due diligence finanziaria per poi proseguire e concludere (questa brevissima analisi dell’argomento) in successivi articoli.
Scopi della due diligence finanziaria
La due diligence finanziaria è un studio dettagliato, nell’arco temporale del passato, del presente (dati di bilancio) e del futuro (business plan), di tre aspetti fondamentali di un’impresa : la situazione economica,patrimoniale e finanziaria. Generalmente è un’attività che si inserisce in un contesto di operazioni straordinarie (M&A; Exit; Equity Crowdfunding; Ingresso soci investitori; richieste di mutuo; ecc.). Ha come fine la massimizzazione del “deal” per tutte le parti in gioco, nella logica della fattibilità preventiva.
L’analisi del conto economico
Il punto di partenza della due diligence finanziaria è l’analisi del conto economico.
Si indaga circa l’andamento storico del conto economico. Per la precisione, il focus viene posto sull’analisi delle vendite e delle marginalità, in base al business o per linea di prodotto, nonché sui trends e le stagionalità.
Vengono messi in risalto eventuali accadimenti di natura straordinaria e non ricorrenti nel corso del tempo. Viene analizzata la struttura dei costi, in particolar modo quelli relativi alla gestione operativa d’impresa (c. industriali generali, per materie prime, manodopera diretta etc…).
Focus
In dettaglio, si effettua un’attenta visione dei fabbisogni di capitale circolante e conseguentemente dei variabili fabbisogni di finanziamento nel corso dell’anno, in base ad eventuali picchi produttivi stagionali determinati da quel particolare business preso in considerazione, o in considerazione dello stadio di sviluppo se analizziamo una start up.
Inoltre, si possono creare sottoinsiemi di classificazione dei ricavi per tipologie di prodotto/servizi, area geografica, canale distributivo ed altro, senza escludere l’ipotesi di una combinazione delle ripartizioni.
EBITDA
Il valore principale di valutazione in questo caso è ricondotto nell’EBITDA, che offre una buona approssimazione della redditività e contiene l’importante componente del valore aggiunto.
L’EBITDA come detto è un valido indicatore ma va tenuto presente che in esso sono rappresentati i risultati sia della gestione ordinaria (core business) che di quella non tipica, ovvero determinata da tipologie di ricavi/costi non pertinenti alla normale struttura operativa dell’impresa
La normalizzazione dell’EBITDA.
In tali casi si rende necessaria una “pulizia” ovvero una normalizzazione dell’EBITDA, poichè in taluni casi tali voci possono essere di importo più o meno rilevante ma che si susseguono eventualmente “una tantum”, come ad esempio:
- l’adeguata trascrizione delle entrate e delle uscite ai periodi in oggetto,
- il risultato per la cessione dell’immobile, la sanzione pagata,
- l’eliminazione dai costi delle spese non correlate all’attività condotta,
- la riduzione del valore degli attivi,
- la definizione dei principi di ammortamento,
- la trasformazione dei leasing da operativi a finanziari
- l’inserimento tra i costi del valore di mercato delle retribuzioni dei soci.
Il ruolo della due diligence finanziaria in questo caso riguarda la depurazione delle voci elencate, al fine di ricondurre sotto un’ottica di operatività in condizioni normali l’EBITDA stesso.
Si eliminano così straordinarietà che possono inficiarne la funzione di indicatore della remunerazione adeguata dei fattori produttivi del core business, al netto di ammortamenti e svalutazioni.