Società Benefit. Siamo giunti alla terza (e penultima) tappa del nostro viaggio intorno al mondo delle società benefit che ci accompagnerà nel Mese dell’Educazione Finanziaria 2021, in cui daremo il nostro contributo con l’evento Innovazione e sostenibilità: essere Società Benefit.
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Nei precedenti articoli vi abbiamo raccontato di tutto quello che è necessario sapere delle Società Benefit, che rappresentano il nuovo modello di imprenditorialità del millennio in cui stiamo entrando, e di come ancora oggi l’idea di beneficio comune e di Responsabilità sociale d’impresa sia ancora intesa con un’accezione cosmetica senza grandi impatti sulla catena del valore.
Società Benefit: quale valore? E per chi?
Oggi vogliamo partire proprio da qui: dall’idea di valore.
La teoria economica a oggi dominante ritiene che il compito della società sia quello creare valore per gli azionisti. È lo shareholder approach teorizzato negli anni ’60 da Milton Friedman secondo cui “poche tendenze possono minacciare le fondamenta stesse della nostra libera società, come l’accettazione da parte dei responsabili di impresa di una responsabilità sociale che sia altro che fare tanti più soldi possibile per i loro azionisti”.
Questa idea del primato degli azionisti è ancora alla base del nostro sistema economico tanto giuridico, quanto finanziario.
Tutte le metodologie utilizzate per valutare le performance aziendali sia storiche che prospettiche partono da lì: dai principi contabili che presiedono alla redazione del bilancio di esercizio ai metodi di valutazione aziendale.
Eppure oggi, negli anni venti del nuovo millennio, queste teorie stanno manifestando tutte le loro debolezze: per ben funzionare un’impresa ha bisogno del contributo di tutti gli stakeholder sia pure in forme e gradi diversi e il ruolo dell’imprenditore sarà sempre più quello di gestire la sua impresa in modo tale da creare valore per tutti costoro dal momento che i loro interessi specifici devono essere messi tutti sullo stesso piano: è lo stakeholder approach teorizzato da E. Freeman
Società Benefit: il valore condiviso
Siccome siamo nani sulle spalle di giganti, ci facciamo aiutare da un’intuizione che hanno formalizzato nel 2011 Porter e Kramer teorizzando l’idea di valore condiviso.
Il concetto di valore condiviso si può definire come l’insieme delle politiche e delle pratiche operative che rafforzano la competitività di un’azienda migliorando nello stesso tempo le condizioni economiche e sociali delle comunità in cui opera. La creazione di valore condiviso si focalizza sull’identificazione e sull’espansione delle connessioni tra progresso economico e progresso sociale.
Il concetto si fonda sulla premessa che sia il progresso economico sia il progresso sociale vanno affrontati con dei principi basati sul valore che si definisce in termini di benefici in relazione ai costi, e non in termini esclusivamente di benefici.
Le imprese, tuttavia, non hanno quasi mai affrontato i problemi sociali in una prospettiva di valore, ma li hanno sempre considerati aspetti periferici. Questa impostazione ha reso meno visibili le connessioni tra obiettivi economici e obiettivi sociali.
Società Benefit: lo shared value e il caffè
Come ogni teoria economica che si rispetti anche questa nasce dall’osservazione di una prassi e ne sintetizza gli aspetti replicabili.
Nell’articolo[1], Porter e Kramer, fra gli altri esempi, confrontano due approcci differenti nel mercato del caffè: il commercio equo e solidale e Nespresso.
Il commercio equo e solidale mira ad accrescere la quota di ricavi che va agli agricoltori poveri, mettendoli in condizione di ottenere prezzi più elevati per le stesse produzioni. Pur essendo frutto di un sentimento nobile, il commercio equo e solidale ha più a che fare con la redistribuzione che con l’espansione del valore complessivo creato.
Nespresso combina una sofisticata macchina da caffè con cialde monodose in confezione sottovuoto che contengono caffè di alta qualità proveniente da tutto il mondo.
Offrendo qualità e comodità, Nespresso ha ampliato il mercato del caffè premium.
Ottenere una fornitura affidabile di caffè di alta qualità è tuttavia molto difficile.
La maggior parte dei caffè vengono prodotti in zone rurali estremamente povere dell’Africa e dell’America Latina da piccoli imprenditori agricoli intrappolati in un ciclo vizioso di bassa produttività, modesta qualità e degrado ambientale che limita i volumi di produzione.
Per risolvere questi problemi Nestlé ha riprogettato gli acquisti.
Ha lavorato intensamente con i suoi fornitori, fornendo loro consigli sulle pratiche di coltivazione, garantendo prestiti bancari e contribuendo ad assicurare fattori produttivi come sementi, pesticidi e fertilizzanti.
Nestlé ha creato delle strutture locali per misurare la qualità del caffè sul punto d’acquisto, il che le ha consentito di pagare direttamente ai coltivatori un sovrapprezzo per la fornitura dei chicchi di miglior qualità e quindi di accrescerne gli incentivi. Un rendimento superiore per ettaro e una qualità produttiva più elevata hanno fatto aumentare i redditi dei produttori, facendone diminuire l’impatto ambientale.
Nel frattempo, la fornitura affidabile di caffè selezionato per Nestlé è cresciuta significativamente.
Si è creato del valore condiviso.
Società Benefit: l’espansione del valore
Il valore condiviso, quindi, non concerne la condivisione del valore già creato dalle imprese con un approccio redistributivo. Consiste, invece, nell’espandere la dotazione complessiva di valore economico e sociale.
Alcuni studi effettuati sui produttori di cacao della Costa d’Avorio indicano per esempio che mentre il commercio equo e solidale può fare aumentare i redditi degli agricoltori dal 10% al 20%, gli investimenti effettuati in un’ottica di valore condiviso possono farli aumentare di oltre il 300%.
Potrebbero occorrere un investimento iniziale e del tempo per implementare nuove pratiche di acquisto e sviluppare il cluster di supporto, ma il ritorno consisterà in un valore economico più elevato e in benefici strategici più ampi per tutti i partecipanti.
[1] Porter M. E., Kramer M.R. Creare valore condiviso. Come reinventare il capitalismo e scatenare un’ondata di innovazione e di crescita, Harvard Business Review, gennaio/febbraio 2011 n.1/2
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