Di cosa si parla
Business Model Plan. Abbiamo già parlato del nostro metodo registrato, Business Model Plan, ma è il caso di ricordare che è il metodo CreazioneImpresa per la corretta elaborazione del business plan per una startup, collegato all’unico vero concetto di business plan: quello che sviluppa le assunzioni nella parte qualitativa o narrativa necessarie al corretto sviluppo della sezione numerica (o PEF o Allegato Tecnico). Oggi il business model plan è anche un software in versione 1.0 sviluppato in Excel ed a solo uso interno ma entro la fine del 2022 sarà anche un software SaaS a disposizione di tutti, oltre che un percorso Academy al quale abbiamo anche collegato un e-book (entrambi di prossima pubblicazione). Oggi continuiamo con un’altra anteprima, un estratto del e-book parlando della interpretazione dei dati del Conto Economico previsionale.
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Business Model Plan. Premessa
L’obiettivo della rappresentazione del bilancio in un business plan deve essere funzionale all’obiettivo che è quello di riassumere le macrovoci che lo compongono al fine di facilitare le decisioni e comprenderne le dinamiche sia in termini di valori che di incidenze, e, successivamente, quello di permettere la rapida elaborazione di indici di performance.
In particolare oggi parliamo del Conto Economico previsionale. Nel rappresentare lo schema sintetico di Conto Economico risulta di assoluta importanza, analizzare criticamente le singole voci.
Business Model Plan. Le voci “focus” del Conto Economico
Verifichiamo le Macrovoci:
- EBITDA
- EBIT
- PROFIT
- NET PROFIT
L’analisi delle singole macrovoci va effettuata in termini di incidenze percentuali che assumono, (tutte) a numeratore il valore dei ricavi.
Oltre all’incidenza nell’anno va altresì (ed è molto più importante) valutato il loro andamento nel periodo di previsione (il triennio) e soprattutto il valore finale del cosiddetto “anno a regime” ovvero il terzo; ovvero quello (stando alla definizione) nel quale “completati tutti gli investimenti e raggiunto il setting organizzativo, tutti i fattori e gli indicatori raggiungono una stabilità ed una tendenza significative”.
Vediamo quindi le singole voci.
Business Model Plan. EBITDA
EBITDA. Per attenerci alla “tassonomia” di bilancio è la differenza tra Valore e Costi della Produzione, ovvero tra Ricavi e Costi Funzionali. Questo indice, per sua natura (ovvero per i valori messi a rapporto) è la “cartina tornasole” della salute della “gestione caratteristica” dell’impresa.
Gestione caratteristica?
Si intende tale il risultato delle attività afferenti direttamente al modello funzionale di business, insomma i ricavi e i costi (le entrate e le uscite) che si manifestano nelle esercizio dell’attività di impresa.
Questo indice è quindi molto importante per verificare, soprattutto in via dinamica (ovvero, anno su anno) l’efficienza e l’efficacia della nostra guida aziendale.
Business Model Plan. Valori standard o ideali di EBITDA
Anticipiamo una possibile domanda.
Non esistono dei valori standard per poter affermare che un EBITDA sia più o meno buono o ideale. Quello che però si può fare è confrontare il suo valore (statico o di tendenza) con quelli di altre imprese, consultandone i bilanci attraverso strumenti e banche dati on-line, ricordando comunque, che si tratta di un mero confronto di riferimento poiché, come abbiamo già detto, le condizioni di mercato e competitive (interne ed esogene) di due imprese, anche se dello stesso mercato e settore, non sono mai perfettamente raffrontabili.
Quello che possiamo sicuramente fare è indicare alcuni warning e possibili azioni conseguenti. Vediamone alcuni.
- Tendenza di EBITDA decrescente anche nel terzo anno: verificare costi di struttura e di personale; verificare efficacia delle attività di marketing e comunicazione.
- EBITDA inferiore al 15%: verificare tutto l’impianto del business plan a partire dal pricing dei prodotti/servizi e quindi dalla loro marginalità (quindi dei costi di produzione); verificare tutti i costi probabilmente sovra strutturati rispetto agli obiettivi, in particolare quelli di struttura e quelli del personale.
Business Model Plan. EBIT
EBIT. È l’EBITDA al netto di alcuni “costi figurativi operativi” ovvero nel nostro caso degli ammortamenti e del TFR.
Costi figurativi: “i costi buoni”.
La logica che accomuna ammortamenti e TFR è quella dell’accantonamento. Nel caso dell’ammortamento l’utilizzo e la dei “fondi” riguarda l’accantonamento di un importo (ammortamento annuale, appunto) corrispondente alla percentuale di ammortamento del bene, immateriale o immateriale e per ognuno dei beni. Nel caso del TFR (Trattamento di Fine Rapporto) si tratta invece di un accantonamento pari alla percentuale applicabile ai singoli contratti di lavoro. Entrambi i valori sono proporzionati quindi a ulteriori valori di bilancio: nel caso degli ammortamenti a quello delle immobilizzazioni materiali e immateriali (ovvero degli investimenti); nel caso del TFR a quello del costo del personale.
Ma torniamo al concetto di “costi buoni”. Lo sono per due motivi:
- primo perché riportandoli in bilancio come costi operativi di fatto riducono l’utile complessivamente tassabile;
- secondo perché non danno luogo (almeno nell’esercizio considerato) ad alcuna reale manifestazione finanziaria; quindi, non impattano nel cash flow (infatti si può verificare nell’output del cash flow l’assenza di dette voci nella sezione delle uscite).
Va comunque detto che ci sono delle logiche sottostanti, (più contabili che strettamente operative) ma che hanno un impatto importante nel calcolo degli indici di bilancio.
La logica degli ammortamenti è quella “del costo di sostituzione” ovvero di un accantonamento che la termine della “vita utile del bene” avrà formato un fondo la cui consistenza servirà a sostituire il bene stesso per obsolescenza (ovvero perché usurato o tecnologicamente superato). La logica del TFR è quella di accantonare gli importi necessari a liquidare (la liquidazione, appunto) il dipendente che lascia l’azienda a termine del contratto lavorativo.
In entrambe i casi quindi si tratta di una uscita non contestuale all’esercizio ma a manifestazione traslata nel tempo.
Ma ammortamenti e TFR sono “costi buoni” anche ai fini dell’analisi di bilancio. Infatti, nel concetto “ristretto” dell’indice di cash flow si tiene conto di utile netto + ammortamenti + TFR.
Riguardo all’analisi dei valori di EBIT, quindi non c’è molto da aggiungere rispetto a quanto affermato rispetto a EBITDA tranne il fatto, che da un mero punto di vista “analitico” un valore troppo basso potrebbe condurre ad una perdita di bilancio, che però viene mitigata dal fatto di essere causata da costi figurativi al di fuori della gestione caratteristica e in assenza di manifestazione finanziaria.
Business Model Plan. Profit e Net Profit
PROFIT. In questa sezione del Conto Economico si tiene conto della gestione “straordinaria” o “extra-caratteristica” ovvero si tiene conto dei costi o ricavi finanziari (interessi), di proventi straordinari (contributi a fondo perduto) e di eventuali plus o minusvalenze o di sopravvenienze (attive o passive)[1].
Nella pratica e nella realtà dei fatti (e, aggiungiamo, normalmente) il peso di questa sezione di bilancio è sempre poco significativa, ed assume una importanza rilevante in maniera “inversa”.
Perché in maniera inversa?
Ad, esempio una impresa con EBIT negativo e net profit positivo, non si può ritenere una impresa “in salute” soprattutto se, leggendo i valori, si può constatare che il valore dei ricavi straordinari proviene quasi esclusivamente da agevolazioni e provvidenze di vario tipo. Indubbiamente, (soprattutto se la circostanza si ripete negli anni) si tratta di una impresa in difficoltà che si mantiene a galla con agevolazioni e contributi piuttosto che con l’attività caratteristica.
Al contrario, una forte incidenza di interessi passivi, indica, l’accesso dell’impresa al capitale di debito e quindi indica la capacità di finanziamento da parte del sistema bancario. È evidente che, scendendo a fondo, occorrerebbe verificare se tale valore dipende da molto indebitamento a costo basso, o poco indebitamento a costo elevato.
Certo vanno considerati casi specifici come ad esempio quello della GDO, laddove, ad esempio, l’area di bilancio della gestione non caratteristica assume un peso importante, relativo alla gestione della enorme liquidità e laddove le politiche di prezzo (in particolare quelle della elettronica di consumo) sono utilizzate come leve strategiche di attrattività (numero di persone che accedono al centro) contando sulla naturale possibilità che molte persone acquisteranno anche articoli grocery (anch’essi spesso convenienti) generando grandi flussi di cassa. Il resto lo fanno le politiche di pagamento ai fornitori: se incassi immediatamente e paghi (al minimo) a 30 giorni, l’utile finanziario (in gestione caratteristica) è garantito.
NET PROFIT. È quello che chiameremmo, utile netto, Ovvero l’utile (PROFIT) dopo aver calcolato le imposte, nel caso del nostro business model plan® abbiamo preferito standardizzare e riportare IRAP e IRES a valori standard.