Di cosa si parla
Come cambiano le startup e le pmi. La Legge annuale per il mercato e la concorrenza
Proseguiamo il nostro caffè delle feste con la nostra analisi sulle novità legislative intervenute in queste ultime settimane che stanno modificando profondamente la disciplina delle startup e delle PMI innovative e del relativo sistema degli investimenti. Dopo aver visto nei due precedenti contributi a firma di Ezio Este (il primo del 23 dicembre ed il secondo del 30 dicembre), le positive novità recate dalla Legge 28/10/2024 n. 162, con questo ed il prossimo contributo a cura di Nicola Tracanella ci addentriamo nelle modifiche allo startup act introdotte con la Legge Annuale per il Mercato e la Concorrenza 2023 (Legge 16 dicembre 2024 n° 193), entrata in vigore il 18 dicembre 2024; non tutte da salutare con favore, come vedremo. Ne emerge infatti un quadro in chiaroscuro, con numerose disposizioni che a nostro avviso comporteranno una contrazione degli investimenti in startup e PMI innovative e che quindi mal si conciliano con gli obiettivi della Legge Annuale per il Mercato e la Concorrenza oltre che con il tenore della Legge 28/10/2024 n. 162
Come cambiano le startup e le pmi. Come cambia la definizione di Startup Innovativa
L’articolo 28 della legge 193 modifica l’articolo 25, comma 2, del DL 179/2012, prescrivendo ulteriori requisiti affinché una società possa essere iscritta nella sezione speciale delle startup innovative; infatti, nell’articolo 25
- Viene introdotta la lettera a-bis, a norma della quale la startup “è una microimpresa o una piccola o media impresa, come definite dalla raccomandazione 2003/361/CE della Commissione, del 6 maggio 2003”.
- Alla lettera “f” vengono aggiunte le seguenti parole: “…e non svolge attività prevalente di agenzia e di consulenza”
In prima battuta, la prima modifica sembrerebbe marginale, posto che nei periodi di permanenza nel regime delle startup innovative raramente una società raggiunge la dimensione per essere considerata grande impresa, e qualora lo dovesse fare sarebbe probabilmente già uscita dal regime fiscale per altri motivi. Non dimentichiamoci però che a livello Comunitario la “dimensione” di una impresa si deve verificare in base al concetto di impresa unica, associata o collegata e che quindi, ad esempio una startup partecipata da una grande impresa, ad esempio per effetto di partnership commerciali o industriali, verrebbe cancellata dalla sezione speciale.
Per quanto riguarda la seconda modifica, l’intento è di escludere la qualifica di startup per società che “non effettuano vera e propria attività innovativa“. Per quanto l’intento sia lodevole e condivisibile, c’è da considerare tuttavia che l’innovazione non è solamente “di prodotto”, spesso è invece “di precesso”, ed un processo innovativo può ben essere “inventato” anche nei due settori citati. Oggi, startup o PMI innovative che hanno fortemente innovato il settore della consulenza on line, dell’intermediazione immobilizzare, degli affitti brevi, ecc. di fatto non potrebbero più qualificarsi come startup innovative dopo che per alcune di esse una Agenzia Governativa come Invitalia le ha riconosciute tali (startup innovative) e “talmente innovative“, da ammetterle all’agevolazione Smart & Start (notoriamente molto restrittiva in tema di reale innovazione).
Come cambiano le startup e le pmi. Il periodo di permanenza nella sezione speciale
Anche il periodo di permanenza nella sezione speciale delle Startup Innovative trova un incomprensibile ridimensionamento con un meccanismo di 3+2+2 che definire “bizantinismo” appare riduttivo. Vediamo in dettaglio i nuovi requisiti
Al secondo comma dell’articolo 25 del DL 179/2012 vengono aggiunti sei requisiti, alternativi tra loro (è obbligatorio rispettarne uno solo), che consentono la permanenza nella sezione speciale delle startup innovative, “dopo la conclusione del terzo anno”:
- incremento al 25 per cento della percentuale delle spese di ricerca e sviluppo;
- stipulazione di almeno un contratto di sperimentazione con una pubblica amministrazione ai sensi dell’articolo 158, comma 2, lettera b), del codice dei contratti pubblici, di cui al decreto legislativo 31 marzo 2023, n. 36
- incremento dei ricavi derivanti dalla gestione caratteristica dell’impresa o comunque individuati alla voce A1) del conto economico, di cui all’articolo 2425 del codice civile, o dell’occupazione, superiore al 50 per cento dal secondo al terzo anno (n.d.r. e se invece lo raggiunge tra il primo e secondo anno e non tra il secondo e il terzo?);
- costituzione di una riserva patrimoniale superiore a 50.000 euro, attraverso l’ottenimento di un finanziamento convertendo o un aumento di capitale a sovrapprezzo che porti ad una partecipazione non superiore a quella di minoranza da parte di un investitore terzo professionale, di un incubatore o di un acceleratore certificato, di un investitore vigilato, di un business angel ovvero attraverso un equity crowdfunding svolto tramite piattaforma autorizzata, e incremento al 20 per cento della percentuale delle spese di ricerca e sviluppo;
- ottenimento di almeno un brevetto
Quindi, in sintesi, la procedura di iscrizione alla sezione speciale resta pressoché immutata alla costituzione al netto dell’esclusione di alcuni codici ATECO (è questo il principio?) che riguardino attività di agenzia e consulenza e la permanenza con i “vecchi requisiti” è garantita per 3 anni. Dopo i tre anni (dalla data di costituzione? dalla data di iscrizione alla sezione speciale? dalla data di avvio attività? dalla prima vendita commerciale? contabili?...), presumiamo, nella procedura annuale di conferma dei requisiti, occorre dimostrare almeno uno dei suddetti cinque requisiti aggiuntivi per ottenere il “3+2”.
Come cambiano le startup e le pmi. Alcuni dettagli sui requisiti aggiuntivi
Per quanto riguarda il punto 3, il richiamo alla voce A1 del conto economico esclude la possibilità comprendere nell’incremento alcune voci che nel bilancio di esercizio rientrano tra i componenti positivi di reddito, ad esempio la variazioni delle rimanenze di prodotti in corso di lavorazione, semilavorati e finiti, la variazione dei lavori in corso su ordinazione, gli incrementi di immobilizzazioni per lavori interni, i contributi in conto esercizio.
In questo, a seconda dell’attività della startup, può generarsi una disparità di trattamento tra una società che svolge lavori di durata ultrannuale e società che invece ottengono ricavi immediati; si tratta peraltro di casi piuttosto rari. Più logica appare invece l’esclusione dei contributi in conto esercizio, che con i ricavi non hanno nulla a che fare.
Alcune considerazioni vanno fatte anche in perito al punto 4; o meglio, si impongono alcune domande. Ad esempio, cosa vuol dire partecipazione di minoranza? Il socio che possieda una partecipazione del 49% in una startup con 2 soci, è un socio di minoranza? Il socio con una partecipazione del 20% in una startup con altri 8 soci, tutti con il 10%, è socio di maggioranza?
Altra domanda: chi sono gli investitori terzi professionali? Il termine sembra utilizzato quanto meno in modo approssimativo, posto che , ai sensi dell’articolo 6, commi 2-quinquies e 2-sexies del TUF, gli investitori professionali sono “i clienti professionali privati, i clienti professionali pubblici, nonché coloro che su richiesta possono essere trattati come clienti professionali“.
E’ probabile., considerati i soggetti coinvolti nella stesura della Legge 193 (fondi di investimento, venture capital…) che la platea sarà molto più ristretta. Del resto, l’intero impianto della nuova normativa è improntato a facilitare questi soggetti a discapito di altri, inclusi i founder, come vedremo in seguito.
Infine, per quanto riguarda il brevetto, si ricorda che il MISE, per quanto riguarda i “vecchi” requisiti di permanenza nella sezione speciale ha ammesso anche il software registrato e i brevetti in corso di registrazione, essendo sufficiente il deposito della domanda. Vedremo se anche per la permanenza dopo il terzo anno verrà data la stessa interpretazione estensiva.(al momento non sembrerebbe)
E’ infine da sottolineare che le startup che non abbiano i suddetti requisiti alla scadenza del terzo anno, potranno iscriversi alla sezione speciale delle PMI innovative, ove ne abbiano i requisiti, come espressamente ammesso dall’articolo 29 della Legge 193.
Come cambiano le startup e le pmi. I requisiti aggiuntivi per le startup già iscritte alla sezione speciale
Ovviamente alla luce dei nuovi requisiti si è pensato di disciplinare anche l’applicazione dei requisiti aggiuntivi alle startup già iscritte in sezione speciale, vediamo come.
Le startup già iscritte al 18 dicembre 2024 (entrata in vigore della Legge), per rimanere iscritte nella sezione speciale oltre il terzo anno, devono possedere almeno uno dei suddetti requisiti:
a) in caso di start-up iscritte nella sezione speciale Registro Imprese da oltre diciotto mesi, l’adeguamento deve avvenire entro dodici mesi dalla scadenza del terzo anno;
b) in caso di start-up iscritte nella sezione speciale Registro Imprese da meno di diciotto mesi, l’adeguamento deve avvenire entro sei mesi dalla predetta scadenza.
Come cambiano le startup e le pmi. Considerazioni su questa prima parte dell’analisi
La nuova regolamentazione delle Startup e PMI innovative, era un intervento richiesto e dovuto. Un necessario aggiornamento idoneo a rappresentare un ecosistema in rapida e continua evoluzione.
Il nuovo “Startup act” disegnato dalla Legge annuale per il mercato e la concorrenza si è ispirato a questa esigenza?
In questa prima parte dell’analisi il nostro giudizio è assolutamente negativo.
Piuttosto appare un intervento ispirato al tentativo di mediare quanto riportato nella relazione illustrativa che ha preceduto la discussione alle Camere in tema di “necessità di ridurre l’impatto fiscale delle agevolazioni introducendo meccanismi che riducessero drasticamente il numero di startup“.
Poi come accade sempre nelle “mediazioni” ognuno cerca di salvare il salvabile e portare a casa “un risultato“.
Il problema è che chi ha mediato per conto delle startup a nostro avviso (diciamo benevolmente) non ha esattamente piena coscienza delle dinamiche e delle implicazioni (fiscali, procedurali, gestionali, finanziarie, economiche) di una start e di cosa significhi realmente “innovativa” oltre a non considerare l’intero quadro d’insieme (Leggi, Decreti, Regolamenti UE, leggi fiscali, principi contabili, ecc.).
Il risultato?
Un “coacervo” di paletti e definizioni artificiose (come ad esempio “scale up”) che generano gran confusione e che, tra l’altro, pongono in enorme difficoltà il principale Organo Vigilante (il sistema Camerale) che dovrà prima regolamentare le modalità di accesso e mantenimento dei requisiti e quindi, vigilare.
Vedremo!
__________________________________________________________________________________________
Nel prossimo e ultimo caffè delle feste continueremo ad analizzare le novità del nuovo Startup Act riportando anche quanto disposto nella Legge di Bilancio, appena approvata in tema di detrazioni fiscali