Chiariamo un punto. Avviare da soli la propria startup per non rimandare o “perdere tempo” (perché si ha la sensazione che il “why now” sia arrivato”) non è una scelta illogica o impraticabile, insomma si può fare, anzi si deve fare se si ha appunto la sensazione che i tempi siano giusti e che l’idea o progetto maturato possa effettivamente funzionare ed avere mercato.
E’ altrettanto evidente, d’altro canto, che come ripetuto numerose altre volte, da soli è difficile portare avanti un progetto che in quanto start up si presenta all’origine di media difficoltà.
E’ quindi evidente che pur partendo da soli si debba avere ben chiaro ed in maniera abbastanza strutturata, quali debbano essere le competenze o apporti (includendo anche quelli finanziari) necessari allo sviluppo del progetto. Arriva quindi, presto o tardi il momento in cui ci si ritrova a cercare di reclutare uno o più co-founders.
Spartire responsabilità, impegno e sacrificio con altre persone che siano coinvolte nella nostra stessa misura è sicuramente un fattore positivo che può dare una grande spinta. Può darsi, che ci si senta manchevoli di una serie di competenze indispensabili in fase startup: a un tecnico mancano spesso le competenze business e viceversa. Avere nel team e in particolare tra i founder tutte le competenze che servono nel fare impresa innovativa è, tra le alte cose, uno degli elementi ai quali gli stessi investitori rivolgono maggiore attenzione.
Nella scelta e selezione delle persone che dovranno accompagnarci nell’avventura è innanzitutto necessario evitare la fretta di concludere, la superficialità ed il facile entusiasmo.
Occorre valutare sia gli aspetti puramente tecnici in termini di apporti di competenze sia le affinità personali e le sensazioni “a pelle”.
Con un socio si lavora giorno dopo giorno, a stretto contatto e per moltissime ore.
Fare startup significa non avere orari, non avere ferie, per mesi e mesi e i momenti in cui l’accordo sarà messo a dura prova non mancheranno.
Non è possibile portare avanti una società piccola che deve affrontare grandi sfide e grandi sforzi con qualcuno che ci innervosisce, di cui non ci fidiamo completamente, che non troviamo simpatico. Anche se dovesse essere un nuovo socio che porta alla società un po’ di capitale.
Una delle trappole da evitare è il: “Recruit to fund, not to build“.
Vale a dire che scegliere un co-founder sulla sola base del fatto che può investire dei soldi nella startup, non è cosa buona. Il co-founder è la persona con la quale condividere una visione, una cultura, con la quale lavorare in sinergia e costruire il prodotto e la startup.
Altro aspetto non meno importante è quello di stabilire la partecipazione in termini di decisioni ed utili alla società. E’ evidente che in quanto ideatori, promotori, inventori, il main founder ha diritto ad un posizione prioritaria e privilegiata, Le difficoltà di valutazione nascono quando si deve decidere quali quote (non proporzionali) assegnare ai nostri cofounder o ai semplici investitori.
A questo proposito si può chiedere un aiuto ad un tool online, veloce e sperimentale, che vi permette compilando in forma anonima e senza alcuna registrazione di capire come assegnare l’equity ad ogni founder.
E’ ovvio che il sistema non è risolutivo, però nella sua semplicità non superficiale vi permetterà di affrontare alcune considerazioni che vi serviranno almeno come base per successive valutazioni più approfondite
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Buon divertimento!