Oggi analizziamo un altro aspetto apparentemente scontato o banale, al pari di quello della sede trattato nel precedente articolo. Una indicazione che spesso viene inserita quasi automaticamente dimenticando che l’Atto Costitutivo è di fatto un contratto (tra i soci che lo sottoscrivono) e che le implicazioni della durata di tale contratto possono essere di notevole portata sia per la vita della Società stessa che per quella dei soci che vi partecipano.
Rappresentazione della durata della società
La durata di una società può essere rappresentata da un numero di anni (XX anni), da una data precisa (31/12/XXXX) o anche dall’esecuzione di un affare o di un’opera, o infine in funzione di determinati accadimenti.
Durante la vita della società, la sua durata può essere liberamente modificata dalla compagine sociale, anche successivamente alla scadenza, revocando in tal caso lo stato di liquidazione, che naturalmente si verificherebbe per la “scadenza del contratto”.
La durata della società quale elemento essenziale
Ancorché possa sembrare poco importante definire con attenzione la durata di una costituenda società di capitali, le conseguenze di una scelta errata possono essere pericolose.
Infatti il Legislatore ha previsto anche la possibilità di optare per una durata illimitata della società. In questo specifico caso, spetta a tutti i soci il diritto di recesso in qualunque momento e senza motivi particolari (c.d recesso ad nutum). Occorre quindi prestare molta cura e attenzione nell’effettuare una scelta di durata illimitata poiché le modalità di esercizio del recesso possono essere alquanto gravose sotto il profilo economico/finanziario, fino ad addivenire alla liquidazione della società.
Durata della società illimitata e recesso
Ricordiamo infatti che, a in applicazione dell’articolo 2473, comma 4, c.c., nell’impossibilità di liquidare la quota al socio receduto (quindi se gli altri soci non intendono acquistare la partecipazione del socio receduto, se manca un terzo acquirente, se non è possibile il rimborso utilizzando risorse disponibili della società o, infine, non è possibile la riduzione del capitale), la società è di diritto posta in liquidazione.
Poniamo il caso (frequente) di una startup con capitale sociale ridotto e con valutazione premoney molto elevata; i soci saranno probabilmente impossibilitati a rilevare la quota del socio recedente, e certamente la società non disporrà di riserve e capitale da ridurre in misura sufficiente. Non resterà dunque che la possibilità di trovare un nuovo socio (che dovrà comunque pagare l’intero valore della quota al socio recedente) ovvero porre la società in liquidazione.
La durata della società eccessivamente lunga
Dottrina e giurisprudenza hanno ulteriormente elaborato il concetto di durata, evidenziando come una durata eccessivamente lunga spossa configurarsi come durata indeterminata, esponendo la società alle medesima conseguenza viste sopra.
Deve però essere corretta l’interpretazione generalmente proposta secondo cui è sufficiente che la durata della società superi l’aspettativa di vita dei soci (o di un solo socio che possa far valere il diritto di recesso) per conferir loro il diritto di recedere ad nutum. Sul tema è infatti intervenuta la recente sentenza della Cassazione n° 4716 del 22 febbraio 2020 che, nel ripercorrere la giurisprudenza sul tema, ha precisato le conclusioni delle precedenti pronunce, a cominciare dalla celebrata sentenza n. 9662 del 2013.
La sentenza si sofferma dapprima sull’articolo 2437, comma 6, c.c., in forza del quale “È nullo ogni patto volto ad escludere o rendere più gravoso l’esercizio del diritto di recesso nelle ipotesi previste dal primo comma del presente articolo”, tra le quali non rientra la costituzione della società a tempo indeterminato, prevista invece dal successivo comma 3.
Esclusione esplicita del recesso per durata della Società
Nel caso analizzato dalla Sentenza, inoltre, lo statuto della società prevedeva espressamente l’esclusione del diritto di recesso per effetto della durata della società, fissata al 31 dicembre 2100. Con la sottoscrizione dello statuto, pertanto, i soci hanno espressamente manifestato la volontà di rinunciare al diritto di recesso per durata eccessiva della società, e poiché tale diritto non è ricompreso tra quelli inderogabili, a parere della Cassazione se ne deve concludere che, al ricorrere di queste circostanze, i soci non possono esercitare il recesso ad nutum.
Conclusioni
Una questione apparentemente semplice come la durata di una società, può in realtà prestarsi ad interpretazioni alquanto complesse che devono essere maneggiate con estrema professionalità e conoscenza della materia.