Work for equity. Dal contratto all’aumento di capitale. Un caso concreto

Di cosa si parla

Work for Equity. Come preannunciato, con questo caffè del mercoledì avviamo il quinto speciale del 2024 che dedichiamo ad un argomento già analizzato in diversi modi ma che in questo caso è oggetto di un focus dedicato (oggetto di ebook di prossima pubblicazione) e particolare: Il work fo equity con focus sul contratto e sull’aumento di capitale. Uno speciale che ha l’obiettivo di guidarci negli step e nelle fasi che vanno dalla definizione del piano, alla definizione degli elementi da contrattualizzare e, infine, ai valori da riportare nella delibera di aumento di capitale.  Con questo primo articolo apertura, Nicola Tracanella ci introduce al tema partendo da un esempio pratico e concreto che evidenzia i vantaggi del work for equity

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Work for Equity. Un esempio

Abbiamo scritto diverse volte delle agevolazioni fiscali associate ai programmi di work for equity realizzati da startup o PMI innovative; oggi non ci dilungheremo quindi sulla “teoria”, vogliamo invece raccontare un caso concreto, esponendo i calcoli che permettono di verificare la convenienza del work for equity.

Per chi volesse approfondire, vi invitiamo comunque a consultare i nostri precedenti articoli in merito, ad esempio qui, oppure consultare il nostro ebook.

Proprio in questi giorni è inoltre in corso di pubblicazione, nella nostra academy, il nuovissimo focus-ebook dedicato agli approfondimenti sul work for equity e in particolare al contratto ed all’aumento di capitale.

Work for Equity. Il caso concreto

Ipotizziamo che una startup o PMI innovativa voglia attivare un piano di work for equity per 2 dei propri soci, che rivestono anche la carica di amministratori; ricordiamo a tale proposito che l’amministratore può percepire diversi tipi di compenso:

  1. Il compenso quale amministratore, vale a dire quello conseguente al mandato che i soci gli hanno conferito per – appunto – amministrare la società.
  2. Un compenso quale lavoratore dipendente, qualora alcune mansioni affidategli esulino dall’incarico di amministratore.
  3. Un compenso quale lavoratore autonomo, per le medesime prestazioni di cui al punto 2 nel caso in cui, tuttavia, non sia ravvisabile un rapporto di lavoro subordinato

Nel terzo caso, può essere attivato un piano di work for equity che, come abbiamo più volte ribadito, si distingue dai piani di incentivazione che sono invece rivolti ai lavoratori subordinati o parasubordinati (punti 1 e 2 dell’elenco).

Torniamo all’esempio: i nostri 2 amministratori svolgono sia attività riconducibili al punto 1. (remunerate), sia attività inquadrabili nel punto 3 che, tuttavia, non vengono remunerate a causa dell’insufficienza delle risorse finanziarie della startup. Per evitare di disperdere il valore di queste ultime attività, si decide di predisporre un piano di work for equity a favore dei 2 amministratori.

Work for Equity. I conteggi di convenienza

Aggiungiamo qualche numero

-I due amministratori percepiscono un compenso amministratore di 25.000 euro lordi ciascuno.

-L’attività inquadrabile nel work for equity ammonta a 25.000 euro ciascuno (se venisse affidata ad un fornitore esterno, il compenso da pagare sarebbe di 25.000 euro)

I due amministratori dovranno emettere una fattura da 25.000 euro ciascuno; come noto, questa fattura è completamente esente sia sotto il profilo fiscale che contributivo. Nessuna imposizione si verifica pertanto in capo agli amministratori.

Essendo un investimento in una startup innovativa, tuttavia, la conversione in capitale delle prestazioni effettuate gode dell’agevolazione fiscale del 50%, pertanto la detrazione fiscale è pari a 12.500 euro per ciascun amministratore.

Cosa se ne fanno gli amministratori del beneficio fiscale? 

Semplice, abbattono le imposte conseguenti al reddito da lavoro parasubordinato (il compenso amministratore). Se ipotizziamo una aliquota fiscale IRPEF del 30%, le imposte per i compensi amministratori sarebbero pari al 30% di 25.000 euro, quindi 7.500 euro.

La detrazione fiscale del work for equity di 12.500 euro è quindi in grado di azzerare l’IRPEF a carico di ciascun amministratore, e ne resta ancora una quota di 5.000 euro (pari a 12.500 – 7.500) per compensare le imposte dell’anno successivo (ricordiamo che le detrazioni per investimenti in startup possono essere utilizzate nell’anno di formazione e nei 3 anni successivi).

Work for Equity. I conti per l’impresa

Veniamo ai conti da fare per la società; questa dovrà versare sia l’IRPEF che l’INPS sui compensi amministratori, vale a dire 7.500 euro per l’IRPEF e 5.000 per l’INPS, che moltiplicato per 2 amministratori sono 25.000 euro.

Tuttavia, l’ammontare del work for equity, di 50.000 euro complessivi, rappresenta un costo che riduce il reddito di impresa; pertanto, con l’aliquota IRES al 24% ed IRAP al 3,9%, le minori imposte da versare ammontano a 13.950 euro.

Anche il compenso amministratore sarà deducibile dal reddito di impresa, solo ai fini IRPEF, con un ulteriore risparmio fiscale di 12.000 euro.

I conteggi sopra elaborati possono essere riassunti nella seguente tabella:

 

amministr. 1

amministr. 2

impresa

compenso amministratore netto

12.500

12.500

-25.000

INPS su compenso amministratori

  

-10.000

IRPEF si compensi amministratori

  

-15.000

detrazione fiscale 50%

12.500

12.500

 

minor IRES ed IRAP sul work for equity

  

13.950

minor IRES sui compensi amministratori

  

12.000

Saldo

25.000

25.000

-24.050

L’intera operazione ha quindi generato un beneficio complessivo di 25.950 euro, senza considerare che è stato evitato di disperdere il valore generato dal lavoro degli amministratori.

Se poi eliminiamo dall’esempio il compenso amministratori, l’impresa avrebbe il beneficio della detrazione dei costi, e quindi delle minori imposte da versare, senza dover sostenere alcun onere finanziario per il pagamento dei compensi.

I beneficiari del work for equity mantengono invece il diritto alle detrazioni fiscali del 50%, quindi complessivamente euro 25.000. Certo, se non hanno redditi imponibili IRPEF (avendo eliminato il compenso amministratore dall’esempio) non ne possono usufruire immediatamente ma, come detto, possono portare le detrazioni in avanti pei i successivi 3 anni.

Work for Equity. Occorre una valutazione?

In tema di valorizzazione della prestazione vi sono parametri certi ed adeguati (già visti e sui quali ci torneremo). Resta ampiamente aperto e dibattuto, invece, il tema della “quantificazione” della modalità di pagamento. Ovvero, premesso che il work for equity per definizione stessa si concretizza con l’assegnazione di “equity” occorre comprendere quanta di di questa è “equity pura” (ovvero partecipazione a capitale sociale) e quanta “quasi equity” (ovvero incremento della riserva di sovraprezzo). Evidentemente a parte il consiglio pratico di non indicare puntualmente tale suddivisione in una clausola contrattuale (se non altro perché fono a conclusione del piano di work for equity non si posseggono i valori utili a definire una cap table fully diluted) in tema di definizione delle porzioni di Capitale e Sovraprezzo da assegnare vige la più ampia autonomia contrattuale. Se invece volessimo adottare un criterio unico ed oggettivo dovremmo per forza ricorrere ad una valutazione premoney iniziale.

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Per oggi ci fermiamo qui. Con il prossimo approfondimento parleremo della contabilizzazione dell’apporto in Work for Equity

Non lasciare che le tue domande rimangano senza risposta. Prenotando una call, avrai l’opportunità di discutere direttamente con noi e trovare insieme le soluzioni più adatte alle tue esigenze. Che si tratti di approfondire gli argomenti trattati o di esplorare nuove opportunità, siamo qui per aiutarti. La conoscenza è potere, ma la conversazione è la chiave!

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