Costituzione startup. Eccoci con il secondo articolo di approfondimento dedicato alla costituzione di startup innovative.
Ci siamo lasciati la scorsa settimana con la promessa di rispondere alla domanda: “ho un’idea da sviluppare, perché mi conviene la SRL piuttosto che la ditta individuale?”
In questo contributo, analizzeremo alcune conseguenze di natura pratica di questa scelta.
Guarda il Videocaffè
Costituzione startup. La questione INPS
Nell’ articolo della scorsa settimana abbiamo appena accennato alla questione della doppia contribuzione INPS, che verrà trattata approfonditamente nel prossimo articolo a cura di Ezio Este.
Trattando oggi degli svantaggi della SRL, non possiamo però esimerci dall’accennare alla questione. In estrema sintesi, possiamo riassumere il problema come segue: i soci lavoratori di SRL con attività commerciale o artigianale sono tenuti a versare i contributi INPS, sulla porzione di utile che gli spetta in funzione della propria quota di capitale sociale. Questo anche se l’utile non viene distribuito (e ciò costituisce un problema ancor più sentito nel caso delle startup, che non possono distribuire utili).
Se poi l’amministratore dovesse percepire un compenso, ecco che la società dovrebbe versare anche i contributi alla gestione separata INPS. Si parla quindi di doppia contribuzione, anche se di fatto la base imponibile è differente (da un lato l’utile teorico spettante al socio, dall’altro l’ammontare del compenso amministratore).
Costituzione startup. I costi di costituzione e gestione
Come è intuitivo, la costituzione e la gestione di una SRL sono più onerose rispetto alla ditta individuale.
Per quanto riguarda la costituzione, la partita iva individuale non necessita di particolari adempimenti, se non la scelta del codice ATECO e la richiesta di partita iva all’agenzia entrate: adempimenti che un commercialista completa in pochissimo tempo.
Diversamente, la consapevole costituzione di una startup in forma SRL (se si eccettuano proposte poco chiare facilmente individuabili nel web) necessita di consulenze e decisioni che, oltre a richeidere i tempi necessari riusultano giustamente più onerose rispetto ad una semplice partita IVA.
Il detto “chi più spende meno spende” in questo caso è quanto mai appropriato, tuttavia non si può negare che tra consulenze e costi notarili, una costituzione può (deve) costare (al minimo) un paio di migliaia di euro. Questo in ogni caso, che si tratti di costituzione “in presenza” o on line; anche quando i costi prospettati sembrano “appetibili” e inferiori, non esponendo (colpevolemente) altri costi (e tempi) assolutamente necessari al completamento dell’iscrizione alla sezione speciale del Registro Imprese.
Per quanto riguarda la gestione ordinaria della partita iva individuale rispetto alla gestione di una startup SRL, è intuitivo che nel secondo caso la necessità della contabilità in forma ordinaria, i maggiori adempimenti periodici, la redazione del bilancio di esercizio ecc… ecc… comportano costi certamente superiori; e ciò è ancora più vero se il confronto avviene tra la SRL ed una persona fisica in regime forfettario.
Costituzione startup. La questione degli utili
A differenza di quanto avviene con le partite iva individuali (e con le società di persone, nelle quali l’utile è attribuito per trasparenza ai soci, e quindi può essere “prelevato” a piacimento dalle casse sociali), nelle società di capitali non è possibile attuare commistioni tra i conti correnti della società ed i conti personali dei soci; il che equivale a dire che non è possibile effettuare bonifici dal conto della società al conto del socio senza una motivazione pertinente in termini soprattutto contabili, prima che fiscali.
La distribuzione di utili ai soci nelle società di capitali infatti è soggetta ad una procedura che prevede la convocazione dell’assemblea dei soci e la conseguente delibera di distribuzione. Poiché però possono essere distribuiti dividendi solo se risultanti da un bilancio regolarmente approvato, va da sé che la distribuzione non potrà che essere saltuaria.
Prendiamo l’esempio di una società costituita nel mese di febbraio 2022, che chiude il primo bilancio al 31 dicembre 2022 e che approva il bilancio al 31 marzo 2023; ebbene, fino al 31 marzo 2023 non è possibile deliberare la distribuzione di utili, ed anche qualora questo avvenisse, per una nuova distribuzione sarebbe necessario attendere l’approvazione del bilancio 2023, quindi marzo 2024.
I soci di questa società, quindi, non possono godere di entrate regolari necessarie per le proprie esigenze correnti (come invece può avvenire nel caso delle ditte individuali), ma devono necessariamente poter contare su altre entrate o sui propri risparmi.
La soluzione è ovviamente erogare un compenso agli amministratori, oppure attribuire ai soci lavoratori (o meglio, che vi lavorano) un compenso per il lavoro effettuato a favore della società, tuttavia entrambi i tipi di compenso saranno da assoggettare alle ordinarie aliquote fiscali e contributive.
Soluzione, quest’ultima da adottare sempre per le startup. Utilizzando, (in assenza di liquidità) lo strumento del work for equity non potendo distribuire utili affatto finché restano iscritte nella sezione speciale.
Per il momento,ci fermiamo qui.