Costituzione startup. Concludiamo il nostro speciale sulla costituzione affrontando un tema particolarmente complesso e importante: è obbligatorio che i soci di una startup si iscrivano alla gestione commercianti dell’INPS?
Ne abbiamo parlato molte volte, per esempio qui e abbiamo dedicato un approfondimento nel nostro ebook sulla costituzione che trovate qui.
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Costituzione startup. Gli imprenditori e le società di persone
Per rispondere alla domanda, e soprattutto capirne le motivazioni, dobbiamo iniziare con un po’ di storia.
C’era una volta (ma in realtà ci sono ancora) imprenditori e società di persone che erano la forma più diffusa per esercitare attività di impresa nel nostro Paese.
Le società a responsabilità limitata (srl e spa) erano appannaggio di business molto più grandi e strutturati.
Le società di persone hanno una modalità di tassazione chiamata per trasparenza. La società non paga direttamente le tasse, ma le paga ogni socio in base alla percentuale di partecipazione che possiede nella società. Quindi se l’utile (il reddito per essere precisi) della società è di 50.000 euro e ci sono 2 soci che detengono entrambi il 50% ciascun socio “porterà” nella sua dichiarazione dei redditi 25.000 e su questo pagherà le tasse sommandolo agli altri redditi eventualmente prodotti.
Fin qui le tasse. Poi ci sono i contributi: un principio immanente del nostro ordinamento prevede che chiunque svolga un’attività lavorativa debba avere una pensione. E quindi versare i contributi. I dipendenti hanno la gestione INPS dipendenti, i professionisti hanno la gestione separata e gli imprenditori che esercitano attività commerciali (anche di servizi) hanno la gestione commercianti.
Quindi lo stesso procedimento di attribuzione per trasparenza fatto per le imposte va fatto anche per i contributi: Il reddito (i 25.000 euro) costituirà la base imponibile su cui ogni socio dovrà versare i contributi della gestione INPS commercianti.
Le società di persone quindi non devono deliberare di distribuire gli utili: con questo meccanismo infatti l’utile della società (già tassato e su cui sono stati versati i contributi) diventa la remunerazione del lavoro del socio, che può disporne liberamente, anche dal punto finanziario.
Costituzione startup. Piccola o grande SRL?
Nel 2004 la riforma del Codice civile (la cd Riforma Vietti) ha introdotto sostanziali modificazioni al diritto societario, semplificando in particolare il modello delle società a responsabilità limitata. E’ stata data particolare rilevanza al socio “lavoratore”, ovvero colui che svolge la propria attività lavorativa all’interno della società.
Da piccola società per azioni si è trasformata quasi in una società di persone con in più il beneficio della responsabilità limitata al capitale conferito (mentre nelle società di persone i soci lavoratori, essendo tipicamente anche amministratori, rispondono illimitatamente e solidalmente con tutto il patrimonio personale per le obbligazioni della società).
L’idea è piaciuta molto e la SRL è diventata una forma molto diffusa per gestire anche business non particolarmente complessi.
Il meccanismo di tassazione delle società di capitali prevede che sia la società a pagare le imposte sull’utile (reddito) prodotto. Il socio pagherà le sue tasse “personali” quando l’utile verrà distribuito e in quel momento riceverà anche la conseguente liquidità.
Mentre per i contributi continua a vigere la modalità di trasparenza che abbiamo visto per le società di persone. Prendiamo come esempio i due soci di prima, titolari di una partecipazione del 50% ma questa volta di una srl che ha generato 50.000 euro di utile.
La società pagherà le tasse sull’utile prodotto. Poi però si aprono due scenari. L’utile viene distribuito e quindi i soci ricevono anche la conseguente provvista finanziaria. Può accadere anche che l’utile -virtuosamente- venga reinvestito nella società, magari proprio per finanziare lo sviluppo e la crescita, e accantonato a riserva.
Quindi i nostri soci si troverebbero a dover versare i contributi su un reddito virtuale e non percepito senza avere nemmeno la provvista finanziaria per farne fronte.
Ma, si potrebbe obiettare, sono i soci che hanno scelto di non percepire l’utile.
Costituzione startup. Il dilemma INPS
Chi invece non può scegliere di distribuire o meno l’utile sono i soci di una startup innovativa a pena di essere esclusi dalla sezione speciale e quindi di perdere lo status e il regime a loro riservato.
E questo, stante la ratio della legge è sacrosanto! I soci che investono nelle startup godono di importanti agevolazioni fiscali per finanziare progetti innovativi e quindi rischiosi. E quindi anche gli utili generati finché permane il regime agevolato devono essere destinati a sviluppare il progetto innovativo.
Quello che, a nostro modo di vedere, è meno sacrosanto è che i soci che investono, oltre che soldi, tempo e lavoro, per sviluppare il progetto innovativo siano costretti a pagare dei contributi su un reddito virtuale che verrà percepito magari anni più tardi.
Per non parlare, e forse è la cosa più “meno sacrosanta”, della modalità di versamento della gestione commercianti che prevede di versare durante l’anno dei contributi fissi calcolati su un reddito minimale e con le scadenze delle imposte i contributi eccedenti il reddito minimale.
Il reddito minimale viene stabilito ogni anno dall’INPS (per il 2023 è pari a 17.504 euro) e considerando un’aliquota di circa il 24% i contributi dovuti ammontano a più di 4.000 euro annui da versare in quattro rate (a maggio, agosto, novembre e febbraio).
I contributi fissi sono dovuti indipendentemente dall’ammontare del reddito attribuito per trasparenza al socio in ragione della sua quota di partecipazione nella srl. Che vuol dire che se la società è in perdita (ed una situazione fisiologica e tendenzialmente “sana” in una startup innovativa soprattutto all’inizio del suo ciclo di vita) i soci dovranno pagare ugualmente i 4.000 euro, magari – come spesso accade – non avendo ritratto neanche un euro dalla startup!
Da questo punto di vista crediamo che occorra contemperare il principio immanente del “chi lavora deve versare i contributi per la propria pensione” con il principio di capacità contributiva (lato sensu) previsto dalla Costituzione: come posso pagare i contributi se non ricevuto i fondi per versarli?
Sarebbe molto sensato che il legislatore prevedesse un’esenzione, almeno dei contributi fissi, per i soci di startup innovative. In fondo è una situazione temporalmente limitata.
Rimandiamo ancora agli approfondimenti (articoli e ebook) per le questioni più tecniche segnalando giusto due cose e lasciando al lettore il compito di trarne le conclusioni che ritiene più opportune.
La prima è che l’INPS dopo anni di contenziosi persi ha finalmente diramato una circolare (è la 84 del 10/06/2021) in cui riconosce che i soci investitori che non svolgono attività di lavoro nella srl non sono tenuti all’iscrizione alla gestione commercianti.
La seconda è che la contribuzione è dovuta sulle attività commerciali (che ricomprendono anche quelle di servizi legati, per esempio alla consulenza). Mentre non è dovuta per esempio sulle attività classificate come industriali. Siccome la distinzione tra le attività è guidata dal codice ATECO è opportuno sceglierlo con particolare attenzione.
Siamo giunti al termine dello speciale costituzione. Ma non finisce qui