Lo scorso 7 luglio presso la sede Assintel di Milano (Confcommercio) si è svolto un interessante incontro sul tema dell’ecosistema Startup in Italia.
I contributi dei relatori (tutti molto interessanti) ed il dibattito che ne è seguito si sono presto incentrati su un tema fondamentale “alle nostre startup mancano alcuni tasselli per comporre il complesso puzzle dell’impresa di successo, o almeno che funziona”
Vediamo quindi in dettaglio le principali mancanze emerse
L’idea è solo un idea, senza progetto.
I contributi dei relatori ma anche le testimonianze (di alcuni degli “startupper” presenti in sala ) hanno evidenziato un difetto di base e abbastanza diffuso in molti aspiranti startupper, ovvero la presunzione che una (necessaria) competenza tecnica e conoscenza del prodotto/servizio e del settore siano sufficienti a sviluppare un progetto di successo. Una elevata concentrazione sul mezzo (e non sul fine), sullo sviluppo tecnico, tecnologico, produttivo, seguendo la mai tramontata logica del “è talmente perfetto che qualcuno lo comprerà” (un adattamento della ormai mitico concetto del “ognuno può avere una Ford model T del colore che vuole purché sia nera”). Assenza di marketing, quindi, di programmazione, in breve di un business model valido o validabile e di un conseguente business plan.
Come abbiamo affermato più volte (anche perché è la metodologia applicata da CreazioneImpesa), un valido progetto di impresa deve necessariamente partire dalle problem/solution (nuove, irrisolte o scarsamente risolte), ovvero il fine, ovvero l’analisi di bisogni latenti o nuovi da far emergere (secondo il metodo blue ocean), insomma una attenta analisi di marketing includendo analisi dei competitors e delle mappe di sensitività, che possano consentire di giungere al “mezzo giusto” in relazione ad una o più combinazioni problem/solution vincenti che diverranno le caratteristiche vincenti del prodotto/servizio, e, conseguentemente, nello sviluppo dei Business Model e Business Plan.
Questa è una delle cose che manca a molti aspiranti startupper con la presunzione (molto diffusa) di credere di non averne bisogno.
Una strategia Finanziaria
Altro tasto dolente è la mancanza di fondi (a volte assoluta) ovvero la necessità di reperirne a sufficienza. Un problema serio, ma, lo ribadiamo, purtroppo alimentato da false chimere e credenze, orientate al risparmio. “La srl a 1 euro” o comunque, pensare di “risparmiare sulla costituzione”, non sono scelte “smart” ma un vero “suicidio” in termini di credibilità e di “autocastrazione” della governance.
Spieghiamo meglio. La srl semplificata, a capitale ridotto o comunque si voglia chiamare è una dichiarazione molto chiara “non abbiamo soldi, quindi proviamo a fare questa cosa. Se va, va.”. Quanti e chi pensate che possa mettere denaro sulla vostra impresa se voi non rischiate?. Inoltre la Costituzione on line è stato sicuramente un gran passo avanti, una evoluzione ideologica (oltre che tecnologica) notevole, ma come spesso accade si è inceppata nei tentacoli della burocrazia, e, invece che agevolare, è diventata una vera odissea per tutti i malcapitati che sono stati attratti dalla sirena “non paghiamo il notaio”. In alcuni casi non si è nemmeno arrivati alla costituzione per tutti i cavilli e le “entrate a gambatesa” nel merito dell’attività da svolgere (attività non richiesta e non demandata dal Ministero competente che ha addirittura ritenuto necessario chiarire la questione con una apposita Circolare) da parte degli “accompagnatori” delle CCIAA. Inoltre. Per quanto il formato on line di Statuto sia molto valido e completo, risulta ovviamente rigido, ovvero non permette la personalizzazione di clausole statutarie, o l’inserimento di quelle non previste , clausole che spesso sono utili e necessarie ai fini del disegno di una governance tailored, attuale e futura, anche in tema di capacità di attrazione di capitali.
Ma torniamo alla strategia finanziaria. Nel libro “startupper 10 e Lode” Nicola Vernaglione riporta: “primo, mettersi le mani in tasca”. Già, una valida strategia e mix finanziario, devono partire dal nostro investimento, al minimo una srl con € 10.000 di capitale versato. Questo è già un bell’impatto in termini di credibilità.
Le benedette agevolazioni. Non sono e non possono essere l’unica via e canale finanziario. Anche qui citiamo Nicola Vernaglione “Sono agevolazioni, non risoluzioni”. Ovvero agevolano (e solo in parte) il nostro piano, ma non risolvono, da sole, il fabbisogno finanziario, oltre al fatto che si tratta di una eventualità probabilistica (spesso a probabilità molto bassa).
Le banche. A molti suonerà strano ma ad oggi grazie anche al Fondo di Garanzia per le Startup, è molto più semplice ottenere un mutuo bancario che una agevolazione pubblica o un intervento da parte di investitori. Purtroppo è ancora uno strumento poco utilizzato e poco conosciuto. Va anche precisato (e qui torniamo alla prima necessità) che le banche erogano soltanto sulla base di un progetto e di un business plan ben strutturato, e soprattutto non erogano a srl a 1 euro.
Gli investitori. Ok, prima di pensare ai “round” al crowdfunding, agli Angels o Venture Capitalist, pensate a dotarvi di uno Statuto che preveda dall’origine questa eventualità (emissione di quote differenziate), ma soprattutto pensate alla possibilità di emettere Strumenti Partecipativi che vi permetteranno anche di raccogliere capitale da parte di privati (amici, parenti, colleghi, conoscenti, ecc.) ai quali piace il vostro progetto.
Un mentor, coach, manager, growth hacker, ecc.
Spesso le startup, come già detto, sono fortemente spostate e concentrate sugli aspetti tecnici e tecnologici (il mezzo) e poco sugli aspetti manageriali. Per questo già esistono incubatori ed acceleratori, università delle startup, corsi ecc. Tutti validi, se però si continua a pensare che gli “startupper” siano giovanotti/e che abbiano tutto il tempo a disposizione per tornare a scuola. La nuova ed attuale realtà ci racconta (e non solo in Italia) una età media degli stratupper che si è spostata molto in la, e gli startupper anche over 50, sono sempre di più. Sempre più spesso si tratta di persone che magari hanno o preferiscono mantenere un lavoro (che ovviamente non li soddisfa), anche part-time, che serve anche a finanziare il progetto “della svolta”. Quindi più che aver bisogno di un acceleratore hanno bisogno di un programma di accelerazione, elastico, adattabile a tempi e modalità di lavoro e confronto, insomma un mentore, coach, manager e growth hacker (comunque lo si voglia chiamare) che li accompagni nello sviluppo, lancio e crescita, fuori dalle aule e dai banchi.
Sappiamo bene cosa state pensando in questo esatto momento (o forse dal primo punto di questo articolo), “ma il business plan, il notaio, lo Statuto, la srl (normale), il manager hanno un costo!”
Certo! Dalla notte dei tempi nessuna impresa è stata creata senza investimenti, e farla a “un euro” è solo una utopia o una bella trovata che genera false speranze.
Quelli appena citati sono proprio investimenti. Tecnicamente immobilizzazioni immateriali, sviluppo, insomma l’insieme che permetterà di concepire “il giusto mezzo, per il giusto fine”
(ci scusiamo per l’estrema franchezza, ma questi sono il nostro stile ed il nostro lavoro)