Di cosa si parla
Startup Benefit. Eccoci al terzo articolo dello speciale dedicato alle Società Benefit ed alla relazione d’impatto. Con questo secondo approfondimento a cura di Ezio Este entriamo nel merito della “rendicontazione” ovvero della relazione d’impatto e del processo necessario alla sua elaborazione e deposito.
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Startup Benefit. Misurare l’impatto
Siamo alle porte di marzo e gli amministratori delle società benefit si stanno cimentando nella predisposizione della Relazione di impatto, che ricordiamo dovrà essere allegata al bilancio dell’esercizio e pubblicata sul sito web della società.
Come abbiamo visto nel precedente contributo di Nicola Tracanella che potete trovare qui, la relazione di impatto si compone idealmente di 2 sezioni: una parte descrittiva e una parte di valutazione dell’impatto.
Startup Benefit. La relazione ed il suo processo
Nella relazione di impatto devono essere descritti gli obiettivi perseguiti, le azioni intraprese per raggiungerli (ma anche le cause che ne hanno impedito o rallentato il raggiungimento).
Vanno inoltre indicati gli obiettivi che la società intende perseguire nel nuovo esercizio successivo, che saranno analizzati nella relazione successiva.
Parlare di obiettivi e di azioni per raggiungerli vuol dire parlare di strategia, di pianificazione e di programmazione.
Quindi la relazione di impatto è innanzitutto un processo volto a pianificare la creazione del valore sarà creato dalla società.
Valore che va inteso nell’accezione più ampia del termine: valore economico e valore sociale (o per dirlo con le parole del legislatore beneficio comune).
Perché i due aspetti non solo sono intimamente legati, ma spesso coincidono alimentandosi vicendevolmente.
E allora nella pianificazione strategica, nell’adeguamento del business model, nell’aggiornamento del business plan e del budget è necessario analizzare tutti gli aspetti che vanno a costruire la catena del valore.
Poi naturalmente tutti gli obiettivi pianificati e le conseguenti azioni intraprese durante l’anno troveranno riposo nel documento Relazione di impatto
Startup Benefit. Gli standard per la valutazione d’impatto
La norma ci impone, saggiamente, di non essere autoreferenziali.
Occorre infatti adottare uno standard di valutazione esterno e quindi indipendente dalla società, credibile e esauriente.
Non ci dice però (anche questa volta ancora saggiamente) quale metodo adottare, rimettendo tale decisione agli amministratori della società.
Si tratta quindi di stabilire quale standard adottare tra le numerose offerte esistenti.
Come potete vedere nella nuvola qui sotto gli standard sono molti (qui sono rappresentati solo i più noti).
E allora come scegliere?
Non esiste una risposta univoca. Molto dipende dal ciclo di vita in cui si trova la società.
A una startup benefit neocostituita probabilmente non servirà uno standard particolarmente complesso, diversamente da una società più strutturata con decine di dipendenti.
Per i casi più semplici (tipicamente per il 1° anno di attività) è possibile adottare il “Social Statement”, pensato oramai diversi anni fa dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali basandosi sulla definizione di CSR data dalla Commissione Europea.
Lo strumento più diffuso e adottato dalle società benefit è il BIA (B-Impact Assestment) sviluppato nel 2006 da B-LAB, organizzazione no-profit statunitense, che permette di valutare, in modo quantitativo e rigoroso, l’impatto sociale ed ambientale generato da un’azienda.
Tiene in considerazione le 5 aree di rendicontazione previste dalla norma (governance, lavoratori, comunità, clienti e ambiente) e può essere un utile supporto anche nella fase di pianificazione.
Citiamo, da ultimo, lo SROI, che è la metodologia di valutazione cui devono necessariamente riferirsi le SIAVS (startup innovative a vocazione sociale).
Misura il cambiamento secondo modalità rilevanti per le persone e le organizzazioni che lo sperimentano o vi contribuiscono.
Spiega la storia dell’impresa, di come il cambiamento è stato creato, misurando gli outcome sociali, ambientali ed economici e utilizzando valori monetari (proxy) per rappresentarli
Ciò permette di calcolare un ratio tra benefici e costi. Per esempio, un ratio di 3:1 indica che un investimento di € 1 genera € 3 di valore sociale.
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Per oggi ci fermiamo qui. Nel prossimo e ultimo inserto, a cura di Nicola Vernaglione, analizzeremo il tema della repsonsabilità degli amministratori nelle società benefit.
Ricordiamo che è possibile approfondire l’argomento con il nostro ebook dedicato