Migliorare la normativa startup. Eccoci al quinto e penultimo appuntamento con il nostro speciale del “caffè dell’estate”. Dopo aver trattato l’argomento delle “richieste documentali da parte della Agenzia delle Entrate in merito alle Detrazioni” e poi della novità normativa, a cura di Ezio Este; il tema (introduzione) degli Strumenti Finanziari Partecipativi a cura di Nicola Vernaglione, oggi trattiamo, con il primo dei due contributi di Nicola Tracanella, un tema a noi molto caro: quello delle ipotesi e suggerimenti per migliorare la normativa Startup.
Migliorare la normativa startup. Stato dell’arte
Il DL 179/2012, vale a dire lo Startup Act, è una buona Legge. I problemi dell’ecosistema delle startup italiane vanno ricercati altrove, soprattutto nel mercato dei capitali. La scarsa propensione agli investimenti da parte degli operatori finanziari è nota, ma nel caso delle startup è ancora più evidente, considerato che la garanzia dello Stato, che copre l’80% del mutuo erogato, riduce il rischio degli istituti di credito al residuo 20%.
Migliorare la normativa startup. Si deve fare meglio
Il DL 179/2012 come detto, è una buona Legge; ciò non toglie di però che possa essere migliorata. Attualmente, sono pendenti in Parlamento 2 proposte di modifica del DL 179: la n° 2739 del 23 ottobre 2022 e la n° 107 del 13 ottobre 2022.
In sintesi, le nostre proposte di modifica e miglioramento sono le seguenti
Migliorare la normativa Startup. Possibilità di convertire il credito IVA in voucher per l’acquisto di servizi qualificati dedicati alle startup
Le startup godono già di alcune agevolazioni in materia di imposta sul valore aggiunto. In particolare, possono liberamente compensare il credito IVA fino a 50.000 euro, senza necessità che la dichiarazione IVA sia dotata di visto di conformità. Per le altre società, il limite è posto a 5.000 euro. La possibilità di convertire il credito IVA in “fondi liquidi”, che possano essere ceduti agli operatori qualificati (un po’ come avviene da qualche anno per la cessione dei crediti edilizi), consentirebbe di superare i problemi di liquidità di molte startup in fase pre seed o seed. In tema poi di utilizzare questi fondi per l’acquisto di servizi qualificati si potrebbe seguire la logica e la procedura già sperimentata per l’innovation manager. ovvero creare un albo qualificato per Startup Advisor e Specialist.
Migliorare la normativa Startup. Esenzione dai contributi INPS artigiani e commercianti
E’ noto che i soci lavoratori di SRL con attività commerciali o artigiane, sono soggetti a contribuzione INPS in funzione della propria quota di partecipazione al capitale, applicata all’utile di esercizio. Ed esempio il socio che detenga il 50% di una startup con un reddito di 40.000 euro, deve versare l’INPS sulla propria quota di reddito (20.000 euro). E siccome l’aliquota INPS supera il 26%, il conto è presto fatto.
E questo anche se la società non distribuisce utili, senza quindi che il socio ottenga la liquidità per pagare quanto richiesto.
Per di più, la gestione INPS artigiani e commercianti prevede un versamento minimo di oltre 4.000 euro, aggiornato anno dopo anno in funzione dell’inflazione.
Un balzello odioso, che lascia spesso perplessi coloro che ancora non ne sono al corrente. Un balzello tanto più ingiusto nel caso delle startup, che non possono per Legge distribuire utili.
La nostra proposta è quindi quella di esentare i soci lavoratori di SRL startup innovative dal versamento di questo onore contributivo,
Migliorare la normativa Startup. Possibilità di convertire la detrazione startup in credito di imposta
Le detrazioni fiscali possono essere fruite solo ove ci sia un reddito da assoggettare ad IRPEF; nel caso di assenza di reddito, le detrazioni sono quindi inutili; non solo quelle per gli investimenti in startup, ma anche le spese mediche, le ristrutturazioni edilizie, gli interessi sui mutui ecc.… ecc.…
Nel nostro sistema tributario ci sono poi alcune imposte sostitutive dell’IRPEF, quali ad esempio la cedolare secca sugli affitti o l’imposta dovuta dai contribuenti forfetari. Queste imposte non possono essere ridotte da detrazioni o deduzioni di imposte, essendo imposte diverse dall’IRPEF.
Questa circostanza impedisce a molti startupper di godere delle detrazioni fiscali 30% o 50% per gli investimenti in startup innovative. Usualmente, i founder di startup non dispongono di reddito imponibile, se non altro perché la società neo costituita dispone di solito di scarse risorse finanziarie, che devono essere impiegate per lo sviluppo del progetto.
Certo, la detrazione può essere portata in avanti per 4 anni; ma siamo certi che 4 anni siano un periodo sufficientemente lungo? La nostra esperienza dice il contrario.
La conversione della detrazione in credito di imposta permetterebbe di superare questi limiti. In primo luogo perché il credito di imposta può essere compensato con altri tributi o contributi nel modello F24 (ad esempio, l’ IMU. Ma anche i contributi INPS di cui abbiamo parlato prima).
In secondo luogo perché il credito di imposta non ha limiti di tempo.
Migliorare la normativa Startup. La sorpresa
Veniamo alla sorpresa a cui abbiamo accennato all’inizio.
È stata approvata il 19 luglio dalla Camera dei Deputati una proposta di Legge che, ove convertita, consentirebbe di convertire la detrazione in credito di imposta, senza limiti temporali, per la parte di cui il contribuente non riesce a fruire; è vero, la proposta è limitata solo alle detrazioni in regime de minimis, vale a dire alla detrazione del 50%, ma è un primo passo.
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Per ora ci fermiamo qui. Nel prossimo e ultimo approfondimento dello Speciale Estivo, sempre a cura di Nicola Tracanella tratteremo un caso particolare in tema di trasferimento delle quote.