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Sostenibilità e moda

L’approccio a  strategie di sostenibilità è la nuova sfida che le tutte le imprese (indipendentemente da dimensione e settore) dovranno affrontare nell’immediato per mantenere ed incrementare i propri livelli di competitività in un mercato sempre più globalizzato. Il Piano strategico di Sostenibilità, il bilancio di sostenibilità il bilancio integrato, la formazione del personale e la disclosure non finanziaria al di là della obbligatorietà (per le imprese che rientrano in determinate caratteristiche) sono gli strumenti di un nuovo vincolo morale verso la società, l’ambiente e verso un consumatore sempre più attento.  Il settore della moda è quello che proprie caratteristiche risulta più sensibile a questo nuovo ed innovativo approccio.

Nell’ambito dell’ultima edizione di  Pitti Uomo si è aperta una interessante ed attuale tavola rotonda in tema di sostenibilità della moda.

Questa interessante tavola rotonda sulla sostenibilità nella moda,  evidenzia come, in un’ottica di marketing, la sostenibilità ambientale e sociale può realmente diventare una grande opportunità per l’intera industria

Le Nazioni Unite hanno stilato una lista di 17 “Obiettivi di Sviluppo Sostenibile” da centrare entro il 2030. Sono traguardi da tagliare in tutti i settori produttivi, ma raggiungerli nel settore della moda, (che da solo vale a livello globale 2,5 migliaia di miliardi di dollari) potrebbe innescare un effetto domino con ripercussioni enormemente positive non solo sull’intera filiera ma anche su altri settori complementari.

Tra questi obiettivi garantire il diritto del consumatore ad essere informato e consapevole riguardo i  problemi di sviluppo sostenibile, monitorare l’utilizzo di microfibre e microplastiche che vengono rilasciate in acqua e ridurre la generazione di rifiuti chimici nel processo produttivo. L’urgenza del problema climatico e ambientale è trasversale ai settori di produzione e non è certamente un’esclusiva del fashion system, ma la sensazione è che questo sia uno dei temi portanti su cui costruire i successi imprenditoriali della moda di domani.

Parlare della  sostenibilità nella moda  è stata un’occasione di confronto per aziende di grandezza diversa e coinvolte in diverse fasi della produzione, ma con il comune denominatore dell’impegno per la salvaguardia ambientale. Impegno che, per essere efficace, andrebbe speso nella comunicazione tra i vari soggetti coinvolti nella produzione e nell’innovazione (non solo tecnologica), vera chiave di volta per ripensare la sostenibilità della moda

Il Sondaggio sul parere dei consumatori

Secondo il sondaggio condotto da Ipsos MORI per conto di Changing Markets Foundation e Clean Clothes Campaign, la maggioranza degli italiani ritiene che i brand dell’abbigliamento, (un settore che al 2020 avrà un valore di mercato pari a 42 miliardi di dollari), debbano farsi carico dell’impatto delle loro filiere. Per l’82% del campione, infatti, i marchi dovrebbero fornire informazioni su quanto fatto in materia di obblighi assunti e misure adottate per ridurre l’inquinamento; soltanto 2 intervistati su 10 ritiene che i consumatori siano adeguatamente informati sugli impatti che queste filiere hanno su ambiente e popolazione. Non solo: 2 italiani su 3 (64%) non sono disposti ad acquistare capi d’abbigliamento la cui produzione è associata all’inquinamento e addirittura per il 72% degli italiani i brand, grandi e piccoli che siano, dovrebbero garantire che la loro produzione e distribuzione avvenga in modo sostenibile, oltre a garantire condizioni di lavoro dignitose per i dipendenti.

Nel mirino dei consumatori sono finiti anche i brand dell’alta moda, le cui produzioni, come svelato da Clean Clothes Campaign, sono tutt’altro che sostenibili: da quanto emerso dal sondaggio, i marchi di lusso non sono considerati migliori dei marchi più economici. C’è poi la questione viscosa, una fibra vegetale che sta diventando un’alternativa diffusa a cotone e filati sintetici, ma la cui produzione è veramente insostenibile: le sostanze tossiche necessarie per produrla hanno effetti documentati nocivi sull’ambiente e la salute delle persone. Sono stati più di 300.000 i firmatari di una petizione lanciata da WeMove per chiedere un maggiore impegno nella produzione di viscosa pulita.

 

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